5 segni che sei caduto nella polarizzazione

C’è un termine che, credo, ormai quasi tutti abbiamo imparato a conoscere. Un termine che si è fatto strada negli ultimi anni attraverso i fenomeni di interazione tra persone che avvengono principalmente sui social, dove vediamo proliferare fazioni di ogni genere che si danno addosso le une contro le altre.

Il fatto di leggere la realtà in modo binario, cioè spezzandola in due, laddove giudichiamo bene una parte e male l’altra, viene definito “polarizzazione“.

La mia spiegazione è molto basica, ma spero che serva a rendere l’idea.

Se questo ti risuona, ti do qualche indizio per capire se sei caduto nella polarizzazione:

  1. quando leggi un’opinione fortemente contraria alla tua ti arrabbi molto;
  2. tendi a giudicare pesantemente chi non la pensa come te su un determinato argomento: il tuo giudizio non va sull’opinione, ma sulla persona;
  3. credi che esista un’unica verità oggettiva e che chi non è d’accordo con te sia stupido, ignorante o pazzo (appunto);
  4. sei impegnato in un’opera di “evangelizzazione”, ovvero condividi sui tuoi canali materiale a favore della tua tesi costantemente, convinto in buona fede di “svegliare” le persone;
  5. hai troncato rapporti anche di lunga data per differenze di vedute su qualche argomento specifico per il quale non transigi e non senti ragioni.

Se ti riconosci in due o più punti di questo piccolo elenco, probabilmente sei entrato nel gioco delle polarità.

In quanto counselor mediacomunicativa con riferimenti teorici (tra gli altri) alle teorie di Hal e Sidra Stone, la mia lettura di questa situazione va oltre a ciò che succede esternamente, per approdare all’interiorità. Se, come credo, l’esterno manifesta l’interno (e viceversa), la domanda è: cosa succede interiormente per far sì che una simile realtà venga prodotta?

Gli Stone ci hanno insegnato che dentro di noi esiste un intero condominio interiore, nel quale coesistono condomini (sé) molto diversi tra loro, con gusti, idee, modi di fare diversi.

Nella nostra vita ne scegliamo alcuni che manifestiamo prevalentemente nel mondo (sé primari), mentre altri ci piacciono meno per cui tendiamo a chiuderli nello stanzino buio (sé rinnegati).

Quando ci rifiutiamo di considerare le parti di noi che non ci piacciono, mentre diamo sempre più forza a quelle che ci piacciono, siamo dentro ad un fenomeno di identificazione. In altri termini, sentiamo di “essere” fatti in quel modo lì, e consideriamo totalmente inaccettabile tutto il resto.

Siamo polarizzati!

Quali sono i disagi che ci porta la polarizzazione interiore? Il primo che mi viene in mente è una certa rigidità. Siamo rigidi quando non sappiamo adattarci alle situazioni, quando non moduliamo il nostro modo di fare a seconda del contesto, quando siamo convinti che “si fa così” e basta, senza valutare altre possibilità.

Diventiamo poi inflessibili con gli altri e con noi stessi. Se non siamo all’altezza delle nostre credenze, ci sentiamo male. Se gli altri non si comportano come vorremmo noi, ci arrabbiamo.

Siamo fortemente autocritici, perché capiamoci, mantenere certi standard auto imposti 24/24 non è possibile, quindi ogni volta che “sgarriamo” ci rimproveriamo molto.

Conseguenza di questo è che diventiamo molto giudicanti, per cui il prossimo diventa bersaglio di tutte le nostre critiche.

Se hai letto sin qui, forse noterai quale assonanza ci sia tra la polarizzazione sui social e quello che accade interiormente.

Dunque la prossima domanda potrebbe essere: come se ne esce?

Uscirne è possibile, auspicabile e porta un benessere mai sperimentato prima. Quando lavoro con i miei clienti lo vedo accadere ed è ogni volta un piccolo miracolo.

Essendo quindi un percorso, un processo, che richiede tempo, posso solo accennare a quale sia il primo, fondamentale, passo da compiere.

Ci sei?

Ok, il primo passo è mettersi in contatto con la propria vulnerabilità. Domandarsi: di cosa ho paura? Cosa sto tentando di proteggere? Dove mi sento minacciata/o?

Accettare il fatto di essere fragile, di essere manipolabile, di essere ferita/o. Vedere quella parte bambina che soffre. E poi? E poi arrivare ad abbracciarla, a cullarla e ad essere lì per lei.

Da lì, ci si aprono un mondo di prospettive, vediamo altre possibilità, ci ammorbidiamo perché cominciamo a riconoscere che anche gli altri sono mossi dalle loro ferite.

Cominciamo a renderci conto che la mia verità forse va bene per me, ma non è detto corrisponda a quella degli altri.

In altri termini, diventiamo sempre più autentici e veri a noi stessi. Non abbiamo più bisogno di muri, perché impariamo a costruire ponti.

Ci allontaniamo senz’altro da ciò che ci fa male, ma possiamo farlo con amore e non con la sensazione di essere in guerra perenne.

Smettiamo di sentirci vittime.

Sembra che cambi poco, ma in realtà cambia tutto.

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