A Christmas Story

L’aria pungente, così insolita per Roma, la investì in pieno, mentre il traffico di piazza Barberini sembrò quasi soffocarla. Si strinse il bavero intorno al collo, avvertendo un brivido di freddo; nelle orecchie ancora le parole di poco prima: “ Dottoressa lei è troppo qualificata per questo lavoro!”

“Troppo qualificata per cosa?” Si chiese.

Negli ultimi mesi si era sentita ripetere –“Lei è troppo qualificata – oppure – l’azienda preferisce un uomo o ancora, per la posizione in questione, la società preferisce persone più giovani – e ancora – dottoressa, lei ha una retribuzione troppo alta!”

“Come posso avere una retribuzione alta se non ho un lavoro?” Avrebbe volentieri urlato all’ennesimo cacciatore di teste.

Erano cinque anni che era uscita, suo malgrado, dal mondo farmaceutico, precipitando da un trono dorato su uno sgangherato sgabello. Per carità, l’avevano accompagnata alla porta srotolandole uno splendente tappeto rosso davanti ma sempre alla porta era stata accompagnata.

Per lei, che viveva il fallimento come un incubo, quel licenziamento era stato devastante. Un baratro dove erano affondati  le sue amicizie, la sua vita privata e il suo matrimonio. Come se la vita le avesse detto: “Fermata numero uno, scendere prego!”

Era scesa dalla giostra, per risalire, venti giorni dopo su un altro carrozzone americano: dirigenza, alto stipendio, ottime condizioni ma un’infelicità sorda, un ambiente mediocre, in cui la sua superiorità soffriva profondamente. Un’arena sanguinosa, dove i nemici erano gli stessi colleghi.

Si fermò in un bar, per un caffè. La strada pullulava di gente, i clacson suonavano all’impazzata.

Riprese il corso dei suoi pensieri.

Tre anni su quel carrozzone, ottenendo successi mai riconosciuti, fino al secondo licenziamento.

Bevve un sorso di caffè ripensando al gelo che l’aveva investita in quel giorno d’estate. Niente tappeti rossi, questa volta e nessun reale motivo se non quello di essere scomoda, non gestibile. Quei tre anni non erano stati semplici ma erano stati anche gli anni della scoperta del counseling, della comprensione di tanti aspetti della propria esistenza e personalità, di un modo diverso di guardarsi ed accudirsi.

Bevve un altro sorso di caffè.

Aveva imparato che la vita propone sempre le stesse situazioni per farti comprendere la parte di te che non riconosci: quelle parti, quei se che, pur avendo lo stesso lignaggio degli altri, sono diventati figli di un dio minore, senza permesso di parola.

Aveva appreso che la vita, che come si dice, è maestra e madre, ti offre l’opportunità di ridare loro dignità e spazio e lo fa proponendo le stesse esperienze fin quando necessarie: come il licenziamento!

Lei rifiutava la falsità, l’essere subdola, viscida, rifiutava il doppio gioco, essere serva del padrone e il risultato era che aveva cominciato a ritrovarsi alla porta.

Il caffè era finito ma non aveva voglia di andare. Ordinò una cioccolata calda.

Aveva imparato che il prezzo pagato nella vita per essere sempre sincera e schietta, era stato mostruosamente alto e che, se, in alcune occasioni, avesse adottato cinque gocce di, vogliamo chiamarla diplomazia? la sua vita avrebbe avuto un decorso differente.

Il sapore intenso della cioccolata la fece sorridere. Il nettare degli dei… magari era una dea anche lei.

Si soffermò su questo pensiero: dall’Olimpo agli Inferi; era Artemide la dea che la rappresentava, sempre pronta con la freccia da scagliare. Cinque anni e cento curricula inviati. Più di trenta colloqui fatti: arrivava sempre ad un passo dal traguardo e poi…

Se si presenta costantemente un ostacolo, forse, la vita ti vuole dire che è tempo di cambiare direzione! Da un anno era diventata consulente; il contatto con i clienti le piaceva, sviluppare relazioni le veniva naturale ma non era soddisfatta: la sua professionalità si sentiva mortificata, il suo ego scalpitava. Poteva fare di meglio.

Si era interrogata, tante volte, su cosa fosse venuto meno nella sua vita da non riuscire più nei suoi intenti come accadeva, invece, nel passato.

La risposta l’aveva trovata durante un seminario: la freccia della determinazione si era spuntata e lei l’aveva lasciata arrugginire. Una verità che le era arrivata come un pugno allo stomaco, talmente forte da farle provare un reale dolore. Solo un momento e poi aveva avvertito la presenza di Artemide che puliva la freccia fino a farla brillare; la appuntiva e la incoccava! Quella freccia era tornata a vibrare e da circa venti giorni aveva cominciato a essere chiamata per fare nuovi colloqui.

Ne aveva fatto addirittura più di uno per un’azienda farmaceutica, arrivando fino ad Amsterdam; sostenendo i colloqui in inglese, in quella lingua che aveva sempre temuto e che l’aveva fatta sentire, tante volte, non all’altezza.

Sorrise al ricordo. Non conosceva l’esito finale dell’esperienza ma l’impatto che aveva avuto su di lei, quello sì. Si era divertita tantissimo, come non accadeva da qualche tempo, era stata se stessa con le sue battute, l’ironia e la forte personalità. Azienda interessante! Ci aveva messo tutta se stessa, con serenità e allegria, consapevole dei propri limiti.

Da quando la freccia della determinazione era stata, rincoccata, aveva girato come una trottola tra colloqui e incontri. La fine di un letargo anche se, al momento, continuava a sentire risposte e considerazioni insensate come quella della sua alta retribuzione; ma avrebbe continuato a cercare, a ri-mordere la vita, per prendersi quello che voleva.

Tra le mani la lettera del figlio a Babbo Natale: “.. e vorrei, come regalo, che facessi trovare un lavoro alla mamma, uno che le piaccia veramente!..” Doveva insistere, senza più deporre la freccia.

La cioccolata calda aveva un sapore divino e lei la bevve golosamente fino all’ultimo sorso.

Si alzò, nell’attimo stesso in cui il cellulare cominciò a vibrare e quello che ascoltò la fece ricadere sulla sedia, mentre un immenso sorriso le illuminò il viso:

“Hallo? Annemieke speaking. Dottoressa ho provato più volte a contattarla, volevo comunicarle che la nostra società, al termine dei colloqui di selezione, ha deciso di offrirle la posizione di sales e marketing per l’Italia. I documenti e la proposta saranno inviati via mail. Se accetta ce li rispedisca siglati. In attesa di riceverli il prima possibile le auguro un felicissimo Natale!”.

Dietro di lei Artemide sorrise compiaciuta.

 

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0 thoughts on “A Christmas Story

  1. Renata

    Bella storia . Se fosse un film a raccontarla in veste di protagonista ci vedrei una Sandra Bullock bella, talentuosa e un pò sfigata che regolarmente si lascia rubare il sorriso e allora, perso per perso, decide di donarlo al mondo ad occhi chiusi.

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    1. Sabrina

      Ciao Renata,
      grazie del tuo commento! Il sorriso è un arma potente che ti apre le vie del mondo. Non a caso diciamo “Sorridi così la vita ti sorriderà!”. Il sorriso è un’apertura al mondo intero, è un messaggio di disponibilità e di serenità. Unito alla determinazione, rappresenta un connubbio esplosivo! Come in questa storia, dove la riscoperta della freccia della determinazione, della grinta permettono di ri-mordere la vita e di cavalcare l’onda che si presenta.

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  2. Heike

    Una bellissima storia e a me personalmente piace sopratutto la fine! E spero che la Dottoressa finalmente sia arrivata al posto che le piaccia veramente e che il futuro sarà pieno di occasioni a sorridere!

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    1. Sabrina De Federicis Post author

      Cara Heike,
      grazie per il tuo commento. Il posto dove si arriva non è mai casuale se nella mente si delineano le caratterisiche che si cercano. La determinazione, la fiducia e la grinta sono ottimi alleati,
      Un caro saluto

      sabrina

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