BONTÀ, BUONISMO, CATTIVERIA: NATURA UMANA O NECESSITÀ? Cronache dal Café Philo

Fu un unico Dio a creare il lupo e l’agnello e poi a sorridere vedendo che questo era ‘buono’ (A. Gide)

Il Bene e il Male, l’eterno conflitto. Forze con cui confrontarci nella vita o prima ancora dentro di noi? Durante l’ultimo incontro del Cafè Philo ci siamo posti diverse questioni che hanno animato il dibattito e come sempre, grazie al confronto, allargato i punti di vista e fatto riflettere un bel po’.

  1. Natura o ambiente. Nasciamo buoni come sosteneva Rousseau ed è l’ambiente a corromperci, oppure anche la cattiveria fa parte del nostro corredo di vita?
  2. Da che parte stare. E’ innegabile che l’educazione ed i contesti ci spingano da un lato ma è possibile, se non sovrumano, essere sempre buoni e non fare i conti con le pulsioni o le necessità che ci spingono dall’altra parte?
  3. Buoni o buonisti. O forse siamo buonisti, per bisogno di conformarci alle aspettative e ai modelli esterni anche quando non ci rappresentano pienamente?
  4. La parte oscura. E infine cos’è la cattiveria? Un’energia pericolosa da cui stare alla larga o un aspetto misterioso ed imprescindibile della nostra natura con cui fare conoscenza?

Non è facile accettare le proprie zone d’ombra né conviverci, la bontà è molto più rassicurante, almeno in apparenza. All’inizio della serata la maggior parte degli intervenuti concordava nel pensare l’uomo come essere incontaminato alla nascita, una tela bianca su cui ambiente e circostanze tracciano contorni e scelgono colori. Ma quando la considerazione si è spostata sulla diversità tra fratelli, e nello specifico su Caino e Abele , le carte hanno cominciato a rimescolarsi. “Ok l’ambiente fa la differenza ma due fratelli? Caino ed Abele per esempio avevano un’identità personale, segno che ognuno nasce con una sua natura.

Quindi c’è chi nasce buono e chi nasce cattivo, un po’ troppo facile per non lanciare una provocazione: ma Abele era buono o buonista? Forse era ‘costretto ad essere buono’ per compiacere suo padre, ed incarnando il modello del figlio perfetto, quello preferito, ne era rimasto incastrato. Da qui la rabbia di Caino, forse la ribellione, la disobbedienza e la ‘cattiveria’ erano la risposta a ciò che considerava finzione ed ipocrisia. Non sarà che, con modalità parossistiche, avrà dovuto indossare i panni della trasgressione per trovare una sua identità, la sua autenticità? “No, no, lui era buono davvero, non si adattava per opportunismo o superficialità”, poi il dubbio comincia ad insinuarsi: “Credo che effettivamente fosse buono ma anche buonista”. Ma è il concetto di buonismo a dividere gli animi: “C’è un’enorme differenza, il buonista è falso, ipocrita, anche un po’ vigliacco, si finge buono per opportunismo”; “ Non sono d’accordo, non è sempre così, a volte ci sono ragioni più profonde: succede per andare incontro all’altro, per farlo contento o per bisogno della sua approvazione, oppure gli diamo ciò che vuole per paura di perderlo” Ciò che dà fastidio del buonista è che appare buono ma non genuino, in realtà dietro la sensazione dell’inganno c’è una grande fragilità e l’abisso della paura. Cede al compromesso per debolezza, conforma i suoi bisogni alle aspettative altrui, dimenticandosi di sé nella ricerca costante dell’approvazione … vista così, il dito puntato si ritrae e, rimanendo in terreno biblico, diventa difficile scagliare la prima pietra.

Quindi qual è la nostra natura, di cosa è fatto l’uomo? Nasciamo buoni e cattivi, abbiamo già tutto dentro di noi ed è l’ambiente che ci ispira nelle scelte. “Né buoni né cattivi, basta vedere i bambini che non sono strutturati, loro non sanno la differenza, la imparano da noi, che abbiamo bisogno di dare nomi e di connotare”. “ E’ vero, se penso a quando ero piccola mi ricordo che ero molto diretta e spontanea ma mi definivano cattiva e io non capivo perché”.

Allora la cattiveria è solo un punto di vista? Quando diventa interessante se non seduttiva? “Effettivamente c’è un certo fascino nella cattiveria, una sensazione di potere e di libertà, ma è anche molto dispendiosa dal punto di vista energetico.” E richiede un prezzo molto alto da pagare , come minimo l’emarginazione e la cacciata dal paradiso dei giusti: “Meglio re all’Inferno che servo in Paradiso” (Milton, Paradise Lost)

Così come essere buoni allora, e non buonisti, diventa un’impresa eccezionale: “Anche la bontà è faticosa, quasi sovrumana, tutti i grandi uomini, santi compresi, hanno attraversato il loro inferno.”E’ quello che Jung descrive come l’ombra, il daimon, erroneamente tradotto come demone per relegarlo tra le schiere dei cattivi. In realtà si tratta di tutto quel corredo di aspetti della nostra personalità rimasti nell’ombra perché inesplorati o censurati; è il contraltare delle nostre scelte, buone o buoniste che siano, l’insieme delle possibilità incognite, il senso del limite. E’ importante conoscerlo e poi scegliere se attraversarlo, rifiutarlo o gestirlo cogliendone le risorse.

Approvazione, disapprovazione e scelta. A quanto pare bontà, buonismo o cattiveria sono solo le risposte giuste o sbagliate che impariamo per vivere. E noi, che parte abbiamo? Fino a che punto ci adattiamo, sopprimendo anche le reazioni più naturali o lecite? E’ sempre giusto essere buoni ad oltranza e porgere l’altra guancia? “L’educazione ci ha rovinato!! Non si può essere sempre educati, buoni e bravi bambini per tutta la vita, menomale che con la maturità ci liberiamo.“ “Prima o poi deve esserci un limite, si deve prendere una posizione ma dipende dal modo: un conto è dirti basta con fermezza, un altro è tirarti un pugno in faccia” Ancora una volta è questione di volumi: non è un no a renderci sbagliati o a metterci a rischio, piuttosto come ci poniamo quando prendiamo posizione. Inoltre diventa molto interessante la trasformazione dallo stato emotivo del bambino che ha bisogno del consenso, a quello adulto che esercita il libero arbitrio e sceglie.

Dalla morale all’etica. Avviene così il passaggio del testimone, dall’adesione alle norme comuni alla costruzione del proprio codice personale, che proprio dell’ombra ha bisogno per sapere cos’è luce. E’ un processo di crescita fondamentale, il mito dell’eroe che affronta il drago, delle tentazioni di Gesù nel deserto, del viaggio di Ulisse, ognuno allo specchio con il proprio daimon, con la necessità di tagliare il cordone ombelicale e allontanarsi per andare, conoscere/trasgredire/rischiare/sbagliare persino morire a se stessi, per poi comprendere e tornare a casa per scelta.

La questione è sempre aperta Philo Amici e attuale più che mai, e voi cosa ne pensate?

 

BUONI O CATTIVI (Vasco Rossi )

Buoni o cattivi
non è la fine
prima c’è il giusto o sbagliato
da sopportare
si può spegnere ogni tanto il cervello
smettere almeno di usare solo quello … che di per sè è maledetto
perché divide
mentre qui tutto
dovrebbe solo unire!

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Autore: Stefania Nanni

Counselor relazionale in Media-Comunic-Azione® e docente di lingua e civiltà anglosassone. Umanista nell’animo per la propensione agli aspetti esistenziali e della socialità, da oltre un ventennio si occupa di crescita personale, tecniche olistiche e aggiornamento professionale, estendendo le competenze pedagogiche anche in ambito organizzativo, gestionale e formativo. Esperta di comunicazione e mediazione del conflitto, è membro di Avalon dal 2000, ove ha conseguito il titolo, e vi collabora come counselor, formatrice e blogger sul giornale “Cronache di un libero pensiero” nella rubrica “Il punto di vista del counselor”. Da sempre interessata allo sviluppo del potenziale e delle peculiarità del femminile, partecipa attivamente alle attività del “Cerchio di Sorellanza” e del “Caffè delle Donne”, coadiuvando la dott.ssa Fusco nella conduzione. Presso la Psico-libreria “I Luoghi dell’Anima” organizza e modera gli incontri pubblici del “Cafè Philo” sulle tematiche del vivere e delle relazioni, secondo i canoni della comunicazione ecologica e del dibattito aperto.

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