Chirone e la finestra degli altri

Leggo, molto perplessa, un articolo in un sito per “addetti ai lavori” in ambito psicologico, in cui si loda Irvyn Yalom, professore emerito di psichiatria alla Stanford University e autore di numerosi libri di psicoterapia, per l’audacia di considerare necessario un approccio empatico e autentico nel ruolo del terapeuta.

In un suo libro di pochi anni fa, “Il dono della terapia”, descrive la sua esperienza con alcuni pazienti seguiti in lunghi percorsi psicoterapeutici, come “un’avventura singolare, in cui analista e paziente procedono come compagni di viaggio, anziché come distaccato guaritore di fronte all’infelice che soffre”…!!!

Senza alcuna mia intenzione di discutere il valore di questo studioso e professionista di consolidata esperienza, sono molto colpita dal considerare innovativo e originale un atteggiamento professionale che personalmente oggi ritenevo scontato e molto conosciuto (almeno teoricamente…) in qualsiasi relazione d’aiuto.

Erroneamente a quanto pare, credo ovvia quella apertura, fatta di gentilezza e vera accoglienza, verso la persona che si rivolge a me per essere aiutata e sostenuta, vivendo una condizione di difficoltà.

Quel profondo intento di comprendere la sua posizione, umanamente condivisibile se ci mettiamo sullo stesso piano, apprezzando la volontà di mostrare le sue fragilità e i suoi disagi, e non limitandoci ad una premurosa, ma rigida e distaccata cura professionale.

Credo che in ogni tipo di rapporto sarebbe davvero costruttivo relazionarci con la modalità empatica di cui tantissimo si parla, ma che forse molto meno si riesce a mettere in pratica.

La capacità di “guardare fuori dalla finestra dell’altro”, come definisce Yalom l’empatia, ci richiede di entrare (certamente in punta di piedi) nel luogo vissuto dall’altro, e scorgere cosa osserva del mondo da quel suo punto di vista.

Per quanto sia spesso difficile, cercheremo di limitare quanto più possibile la parte di noi che tende a giudicare ciò che vede e a consigliare alternative.

Anche se ci muove la volontà di fargli notare alcune cause del suo disagio, proviamo a ricordare che siamo soltanto ospiti nella sua casa e che, prima di ogni altra cosa, andrebbe apprezzata la porta che ci è stata aperta e ci permette di vedere le sue zone fragili.

Penso sia molto importante inoltre non trascurare che a nostra volta conviviamo con debolezze e ferite; le stesse che, da esseri umani quali siamo, cerchiamo di camuffare, proteggere, risanare o curare nel migliore dei casi.

Ancor più nel ruolo di facilitatore nelle varie forme di relazione d’aiuto, trovo possa diventare un elemento fondamentale avere una precisa conoscenza delle proprie vulnerabilità, di come partecipino ad ogni esperienza vissuta e del miglior modo di gestirle.

E come al solito la mitologia greca ci fornisce una figura davvero esemplificativa in questo senso: Chirone il centauro, ovvero un cavallo con il busto di un uomo.

I centauri erano considerati creature crudeli, ma allo stesso tempo molto sagge; Chirone era però particolarmente benevolo, grande intellettuale, ottimo educatore, molto sapiente e allo stesso tempo anticonformista.

Ben rappresenta la saggezza che spesso si acquisisce dopo un grande dolore: costretto a convivere per sempre con una piaga incurabile al piede (in quanto creatura immortale), approfondisce la medicina e molte scienze nel tentativo di guarire la propria ferita. Grazie alle sue doti sapienti, cura e forma tanti studenti ed eroi mitologici importanti, come Achille, Enea, Teseo, Dioniso ed Ercole.

Conosce bene la sofferenza quindi, e può recepirla facilmente negli altri, arrivando a comprendere che data la sua condizione è in grado di aiutarli meglio nella cura delle loro ferite e nella gestione delle debolezze.

E che questo può anche lenire le proprie pene.

Quando poi diventano insostenibili, trasforma definitivamente il suo dolore cedendo la sua immortalità a Prometeo, e lasciandosi tramutare da Zeus in una costellazione, che ancora possiamo ammirare alzando gli occhi verso un limpido cielo notturno.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Autore: Alessandra Caroli

È counselor relazionale ad indirizzo mediacomunicativo ed educatrice professionale. Per Avalon si dedica da anni ad attività di counseling, tutoring e organizzazione di eventi. Coordina le attività didattiche ed è parte del corpo docente della Scuola di Counseling e Media-Comunic-Azione. Si occupa di counseling e formazione in contesti pubblici e privati, con un’esperienza decennale in ambito sociale, attraverso progetti di riabilitazione per la disabilità psico-fisica di adulti e bambini e di sostegno alle famiglie. Da sempre ama approfondire la conoscenza di luoghi e culture diverse, unendo quindi il viaggio fuori al viaggio dentro di sé. Con entusiasmo, attraverso la rubrica “Il punto di vista del counselor”, si occupa di sostenere e divulgare questo approccio alla crescita personale e di favorire nel lettore un ampliamento delle prospettive nell’affrontare la quotidianità.

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