Cucina e Magia. A scuola di leggi universali

Curiosando un po’ tra gli etimi, scopriamo che la parola ‘mago’ deriva secondo lo Schenkl  dall’antico persiano e che significa purificatore, in quanto sacerdote del fuoco. Se indaghiamo anche nel sanscrito, troviamo il verbo mah-ati, che in senso figurato vuol dire festeggiare, onorare ma anche sacrificare, da cui il latino mactàre, uccidere.

Il mago è quindi colui che purifica e trasforma, sacrifica e onora, festeggia. Niente di più semplice immaginarlo in un luogo scelto mentre compie i suoi atti col fine di applicare leggi universali al particolare per conseguire il suo obiettivo, risultato di un’operazione che imprima nuova forma a ciò che esiste già.

Questa visione è facilmente sovrapponibile a quella di una qualsiasi persona appassionata di cucina che si appresti a preparare con amore e intenzione il pasto. La cucina sta infatti al cuoco, come l’athanor all’alchimista, come il campo magico al magista.

Chiunque si dedichi a cucinare con costanza comprende che la cucina preveda riti, preparazione, organizzazione e conoscenza di leggi precise. Per trasformare un alimento in un pasto, infatti,  occorrono dedizione e amore, ma soprattutto la disponibilità a esplorare tante parti di noi, da quelle più accoglienti e pacifiche a quelle più aggressive. Ricordiamo infatti che, quando prepariamo un pasto, attiviamo per sopravvivenza anche il nostro lato killer. Che siamo onnivori o vegetariani, comunque per mangiare saremo costretti a sacrificare la vita di ciò di cui ci alimentiamo. In altri termini, la cucina ci svela, ci costringe al contatto autentico con la parte più ferina di noi . É il posto in cui impariamo che il desiderio di per sé è insufficiente. Occorre di fatto tramutarlo in intenzione e poi in volontà, perché l’azione diventi foriera di un risultato concreto e appagante. Il desiderio senza volontà e disciplina rappresenta soltanto una dispersione di energia. L’energia, nel senso di intenzione e motivazione, è la parte astratta del nostro operare che ci mette in contatto con una sfera più sottile.  È la risultante di pensieri, emozioni, sensazioni e impegno. È l’ingrediente segreto che dona qualità e carattere a ciò che cuciniamo. Ci rende cuochi, piuttosto che sopravvissuti. Quando trasforma in maniera elevata, potremmo semplicemente identificarla con la parola amore.

Pertanto un gastronomo, etimologicamente un esperto dell’arte di regolare lo stomaco, è senza dubbio un esoterista. Qualcuno che intuisce che nel nostro intestino avvengono reali magie, poiché ogni volta che vi discendiamo, è come se facessimo un viaggio negli inferi. L’intestino è il luogo in cui si annidano i nostri fantasmi, in cui siamo costretti a fare i conti con le energie da assimilare e ricavare dal cibo per nutrirci e le scorie da eliminare.

La prima legge che si incontra in cucina è il principio di somiglianza. I testi sacri occidentali ci insegnano che l’essere umano è fatto a immagine e somiglianza di Dio. Nel Taoismo dell’antica Cina si spiegava come il microcosmo e il macrocosmo si equivalgano. Potremmo utilizzare l’esempio dell’uovo per illustrare in termini gastronomici quanto citato. Immaginiamo infatti il tuorlo come microcosmo e l’albume come il macrocosmo. Il cuoco, sbattendo le due parti, tenderà a ricreare una sostanza unica, proprio come un mago agisce sul microcosmo per raggiungere il macrocosmo e compie un percorso per ricongiungersi all’Uno originale.

La seconda legge che il cuoco impara per esperienza è quella di causa- effetto. Gli induisti parlerebbero di kharma (tr. Azione), ossia qualsiasi azione compiamo, consapevolmente o inconsapevolmente,  produce degli effetti, immediati o indiretti che siano. Quando agiamo, dobbiamo sviluppare consapevolezza dell’effetto per saperlo gestire in maniera equa o etica.  Il cuoco in maniera elementare lo sperimenta continuamente. Se per esempio eccede negli ingredienti che sta utilizzando, il suo preparato diventerà illavorabile o immangiabile.

Se inoltre il mago deve conoscere l’incantesimo adeguato alla magie che vuole realizzare, il cuoco ha bisogno del metodo e della ricetta . L’incantesimo è di fatto l’ azione attraverso cui realizziamo su un piano pratico la nostra volontà. Occorre conoscerne ingredienti, modalità, dosi, tempi ed energie da impiegare.

E la creatività? Il cuoco è mago proprio per la sua capacità di visione.  Deve cioè come un magista saper  visualizzare in anticipo il fine del suo lavoro per poter convogliare le sua energie verso il risultato specifico. L’abilità di immaginazione del prodotto finale è infatti il presupposto del buon esito

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