Di quello che fai, fai quello che dici.

L’Harley Davidson viola è parcheggiata fuori dalla porta, tirata a lucido, quasi sonnacchiosa sotto il caldo sole dei primi giorni di Giugno.

Il librone vintage con i ritagli di giornali a partire dal 1950, troneggia sul tavolino decoupage, invitando alla lettura il cliente curioso che si appresta a gustare il brunch domenicale,  in questo nuovo locale, futuro  punto di riferimento per Bologna.

Il Molino è un bio ristorante, situato in zona Murri, all’interno di una casa cantoniera del 1902, proprio di fronte all’antico mulino, la cui torre, dimezzata a causa del terremoto, si erge ancora, in  memoria di un tempo passato.

“Venivo in questo posto come cliente, quando era un negozio alimentare con ristorazione annessa.  Ho sempre pensato che non esprimesse le potenzialità che aveva, soprattutto il giardino. C’era una distonia tra ciò che i proprietari affermavano di voler fare e ciò che facevano con un conseguente esaurimento dell’energia tra i soci. Il risultato di questa distonia è stato la messa in vendita del locale. Così ho pensato di prenderlo e di trasformarlo, di realizzare tutte le potenzialità che intravvedevo.”.

Maurizio Longati emana un flusso energetico incontenibile, gli occhi vivaci brillano e sorridono prima ancora che il sorriso appaia sul volto. Capelli rasati, barbetta bianca, fisico scattante, è il proprietario dell’Harley Davidson  viola ed è l’uomo che ha trasformato una sensazione, una intuizione in una realtà precisa.

“Sono una persona che vuole occupare la vita non pre-occuparsi di essa, altrimenti perdo l’onda e m’intristisco.

La sensazione che mi ha guidato è quella del benessere. La prima volta che sono venuto  in questo locale, mi son seduto all’esterno e mi sono sentito bene, senza quasi comprendere il perché. Chi mi ha fatto la pulizia energetica del luogo mi ha detto che  qui c’è un’energia positiva  e che la mia anima l’ha colta prima di me, come se avesse trovato ciò che cercava.”.

“Il tuo sogno dell’anima” gli dico rapita da ciò che mi sta raccontando.

“Esatto – mi dice con un sorriso – che scioglierebbe anche un ghiacciolo.

Il packaging è opera mia ma avevo bisogno di qualcuno che si occupasse della cucina, l’altro importante capitolo di un locale. D’altronde si tratta di un’iniziativa imprenditoriale, nonostante i tempi che corrono. Bisogna darsi da fare, non  aspettare che cada dal cielo. Ho ribattezzato il 2013 con il duemila -credici: fondamentale per continuare a fare impresa anche quando tutti sono contro.

Per me è sempre stata decisiva una frase di Einstein che diceva : “Tutti sanno che una cosa non si può fare e non la fanno, poi arriva qualcuno che non lo sa e la realizza”. Ecco, questa è sempre stata la mia filosofia di vita. Da qui il Molino, insieme a persone che volevano collaborare con gioia ed entusiasmo.

Lo chef, per esempio, Gianni Ricci, dopo trentaquattro anni di lavoro si è rimesso in gioco e si DIVERTE. Non vuole neanche andarsene nella pausa pomeridiana. Mi ha detto che si trova bene con noi, in questo posto e che gli basta avere un punto dove potersi riposare un po’, magari con una televisione.

Usiamo solo prodotti biologici; al piano superiore abbiamo un laboratorio per preparare la pasta a mano con farine bio, e tutto ciò che occorre. Tra i piatti serviamo fiori commestibili che esprimono grandi aromi, profumi e qualità naturali eccezionali.

C’è un forte impatto verde, con le lampade come motivo riconoscibile tra l’interno e l’esterno.  Per il giardino mi sono lasciato ispirare dal film “Mimì metallurgico”, quando Mimì balla con lei, in quel posto bruttissimo, ma non se ne rendo conto perché vede solo la bellezza della Melato.

L’idea è stata quella di proporre quasi una vecchia balera, con tavoli, con piante dall’intenso profumo, con i colori studiati, anche se possono apparire casuali. Guarda queste coltivazioni, un connubio tra floricoltura e orticultura. Qui vedi il basilico e le melanzane con le dalie, perché quest’ultime proteggono dagli insetti che possono danneggiare i primi due. Coltivazione biologica, non si usano diserbanti. Ovviamente, in giardino hanno uno scopo conoscitivo e ornamentale, inoltre, quando li innaffi, l’aria si riempie di un profumo intenso, meraviglioso. All’interno, invece, ci sono quadrati con muschi e licheni vivi, provenienti dal Canada, che assorbono e restituiscono energia. Si trovano in semplici cornici di ferro arrugginito, perché la semplicità è ciò che ti fa ricordare.

Armando Testa, diceva che lui sarebbe sempre rimasto nel cuore e nell’anima delle persone perché aveva usato forme semplici: un cubo, una sfera, E così i licheni si trovano in cornici di ferro, dei quadrati semplicissimi con dentro la vita.

“Perché: – Dì quello che fai e fai quello che dici?”- chiedo indicando il leit motiv che si scorge sulla brochure e sulle magliette del personale.

Gli occhi di Maurizio brillano: “Pur essendo un Zivago, ho un estremo contatto con la realtà e per me è fondamentale che ci sia corrispondenza tra ciò che dico e ciò che faccio. Qui intorno erano terrorizzati che potessi trasformare il locale in una discoteca invece il mio scopo è di un posto dove arrivare e sentire  di star bene. Qualche serata di musica è possibile ma un violino o un’arpa, altro genere.”.

Maurizio è un fiume di parole, inarrestabile, seguirlo diventa quasi difficile.

“Hai già deciso cosa fare da grande? “

“Mi piace divertirmi e m’innamoro continuamente, così il bambino non smette di sopravvivere. Ci sono plus e minus in questo: se da una parte amo dall’altra faccio anche del male agli altri. Lo so, non mi fustigo ma non mi attacco neanche una medaglia per questo.”.

“Il sogno del bambino?”

“Volevo volare! E, infatti, ho preso anche il brevetto. Il volare, il gettarsi da un aereo ti dà un senso di onnipotenza. Non precipiti, t’immetti in un flusso, fino a quando decidi di aprire il paracadute e passi dall’inferno al paradiso. Poi, una domenica, mi sono svegliato e ho avvertito un’ansia nuova; non volevo buttarmi. Ho capito che avevo fatto un percorso e che ero arrivato alla fine. Ho cominciato il parapendio con il quale impari a decollare”.

“Una nuova consapevolezza!”

Indubbiamente Maurizio appare ben consapevole e cosciente di quello che è.

“Ho iniziato a lavorare a undici anni, quando mio padre che era agente di commercio, mi portava alle fiere, dove facevo lo standista, pulendo e servendo ai tavoli. Mi sono sposato a ventitré anni con la mia fidanzatina delle medie. L’avevo conosciuta alla festa del Giovedì Grasso e l’avevo riaccompagnata a casa. A ventotto anni ci siamo separati. La seconda separazione è stata più dura, dopo ventuno anni.”.

“Chi ha messo il punto?”

“Io, perché ho dovuto guardarmi in faccia ad un certo punto. Ho avuto un incidente l’anno scorso, in moto. Andavo a quaranta l’ora. Mi sono rotto tutto. Ho passato diciotto giorni legato a un letto e tre mesi con il busto. Hai tanto tempo per pensare. Ho passato ore a fissare il soffitto. Queste situazioni ti cambiano: stavo correndo in tutte le direzioni, senza fermarmi. Ci ha pensato la vita a stopparmi e a darmi il tempo di guardarmi dentro.  Non potevo più sopportarmi così com’ero. Sono molto legato alla mia ex, le voglio un gran bene, la vedo tutti i giorni, lavoriamo insieme nella mia azienda MOMABOMA.”. La voce s’incrina leggermente: “. In ospedale ho conosciuto, però, Luca, l’attuale  responsabile della parte ristorativa del Molino. Letto trentadue  mentre io ero al trentratrè. Nulla è per caso”.

“MOMABOMA” acronimo di ?”

“Moreno il mio cane, Marta la Gatta, Bomba il nickname di mia moglie e MA di Maurizio.”

Rido divertita. Quest’uomo è una sorpresa continua.

“Le borse le realizzo con articoli di riviste o materiale vintage.  Quando ero in India, sono, letteralmente, inciampato su uno dei loro sacchi di cemento. Mi colpì che non si fosse rotto. L’ho preso in mano e ne ho avvertito l’emozione tattile, l’energia che trasudava.  Ho pensato di farne una borsa per mia moglie, come ricordo, due cerchi e un rettangolo. Mia moglie la trovò bellissima, e da qui, l’inizio. Ho partecipato a tante fiere, in Italia e all’estero, fin quando ho realizzato una borsa con l’immagine del matrimonio della regina. L’emozione veicolata dalla visività.

Ne ho realizzate alcune con le camere d’aria dell’Harley. Nel settembre del  2007, per la precisione il 7 settembre ho bussato agli stabilimenti dell’Harley a Milwaukee, volevo che esponessero nel loro museo le mie borse con il loro brand. Non mi hanno neanche ascoltato. Un mese e mezzo dopo ero di nuovo li: “Vi ricordate? Io sono quello che fa le borse usando i vecchi copertoni dell’Harley. E loro, – ma ti abbiamo già detto che non ci interessa – A Febbraio 2008 mi sono ripresentato. “Sono sempre quello delle borse che è già venuto un mese, fa” – Hanno ceduto. Ho incontrato tutto il marketing di Harley, ho mostrato le borse e ora sono esposte e vendute presso il Museo dell’Harley.  Bisogna perseverare quando ci credi!

“Mi sembra di capire che per te non sia una questione di se ma solo di quando!”

“Assolutamente. Perservero, sempre, anche con le donne; anche con gli errori” – Ride divertito.

“Bella soddisfazione per un Harlista avere le proprie borse nel museo dell’Harley” – continuo.

“Ti sbagli, non sono un Harlista, ma un motociclista. Amo tutte le moto. Ne ho avute 49 e la prossima sarà la cinquantesima. Il giorno dell’inaugurazione del Molino, è venuto anche Umberto Ungaro, mio amico. Il 23 Maggio scorso: è stato il primo giorno di sole dopo giornate intere di pioggia.  C’erano 800 moto sul piazzale, ed io e lui, seduti a bere ad un tavolino sulla strada, come Calindri nella pubblicità, ed ho coniato la frase: NOI CHE NON SIAMO MOTOGAMI e noi che CI PIACE LA FUTA.

E’ un amore, una passione, casco e vento in faccia tutta la vita. Come quando sono andato in Sicilia, partendo da Bologna; due notti di viaggio, senza dormire, perché lo scopo è il viaggio non la meta.

Ascoltare Maurizio è come vedere ogni cosa materializzarsi davanti ai tuoi occhi, narrata dal protagonista stesso. Ti senti partecipi di quel racconto fantastico, senti il vento tra i capelli, mentre il rumore della moto interrompe il silenzio. Avverti il profumo delle dalie e del basilico, nel giardino incantato. Odi la corrente energetica che dall’uomo si propaga in ogni angolo del suo locale. Un tornado dal sorriso aperto e dalla risata contagiosa, un ciclone inarrestabile di creatività e ottimismo.

“Il prossimo progetto?” chiedo guardandolo negli occhi.

Un attimo di silenzio, poi: ” Ci pensiamo… magari insieme!”

Questo è Maurizio !

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