A me gli occhi!

Postato da on February 19, 2013 in la finestra. Storie di belle realtà | 0 commenti

A me gli occhi!

Le grandi ciliegie rosse del divano thonet catturano immediatamente l’attenzione di chi entra in questo spazio di appena venti metri quadrati, situato nel cuore di Perugia, di fronte al palazzo Oddi, il più antico della città.

Una da carta da parati realizzata artigianalmente, partendo da quella da pacchi e ricamata con fili di seta multicolori, fa bella mostra di sé su una parete, mentre l’altra è piena di appunti scritti con la matita. Gli archi a mattoncino creano due ambienti separati, ciascuno con il suo bel lampadario: arancio quello sul divano, rosso quello della parte più tecnologica.

Il colore caldo del parquet, sotto il divano, si trasforma nel rosso caldo del cotto della zona operativa. Un tendone verde funge da sipario, quasi a rilevare, maggiormente, la differenza delle due parti. Un antico pozzo si cela all’interno del locale:

“In cinese, il pozzo ha un significato molto forte, richiama il potere dell’acqua intorno a cui tutto ruota” dice Sandro il patron di Ozona.

E, infatti, Ozona, nasce con questo intento, rispolverando l’antico ruolo di agorà.

“La O sta per cerchio- continua Sandro – zona per area, quindi zona intorno a cui tutto si muove.”

Questo è il tempio dove creatività e passione s’incontrano per realizzare un accessorio così semplice ma, al contempo così caratterizzante: l’occhiale.

Esattamente come un sarto che immagina, disegna, sceglie le stoffe, le taglia e le cuce, curando ogni minimo dettaglio, così, in questo laboratorio, Sandro realizza gli occhiali, con la stessa cura e attenzione di un vestito. Talvolta il cliente porta un’idea precisa, talvolta si affida all’intuito e all’esperienza del progettista ma sempre si arriva alla creazione dell’oggetto perfetto per quel volto: dell’occhiale adatto.

“Tutto ciò che ho imparato, lo devo al mio mentore, il direttore artistico della Marcolin, (che oggi è il direttore artistico di Armani) dove ho lavorato, subito dopo il diploma conseguito allo IED di Milano. Ho appreso come disegnarne le forme, a farfalla, ricurve, sinuose; come progettarli. Ne ho disegnati per Dolce e Gabbana, per Montblanc e per altri grandi. Ho lavorato poi a Perugia come freelance per un’azienda del territorio ma il limite delle aziende è di impedire che la creatività decolli veramente e, quindi, ho deciso di disegnare, progettare e produrre da solo.

Un lavoro libero che mi permette di fare ciò che voglio, senza controlli o ingerenze.  Oggi, mi sveglio con la preoccupazione di dover disegnare qualcosa di unico e nel frattempo con la gioia e l’emozione che di lì a poco avrò tra le mani proprio ciò che ho disegnato. L’autoproduzione è qualcosa d’impagabile in termini di soddisfazione e gratificazione: il disegno, la scelta dei materiali, la loro ricerca, l’acquisto per il mondo; io uso, per esempio, l’acetato trasparente, traslucido, e lo compro in Germania. Ozona è stato pensato come un salotto, dove incontrarsi e passare del tempo insieme, per comprendere la persona che ti sta difronte, le sue caratteristiche, la sua personalità e i suoi desideri.  Tutti quelli che entrano come clienti escono come amici, poiché s’instaura un rapporto di confidenza, di fiducia e soddisfazione reciproca. Arrivano, si siedono sul divano e iniziano a raccontare. Per me l’ascolto è importantissimo, mi aiuta a comprenderli, a coglierne l’essenza. Per ogni occhiale occorrono, dalla progettazione alla realizzazione circa quaranta giorni. Ne produco circa trecento l’anno.  Il “fatto a mano” è il futuro dell’economia. Non esiste una sola persona che lavori in azienda, oggi, che non sia in grado di aprire una sua attività e produrre autonomamente. Questo è quello che cerco di condividere anche con i miei studenti. “

Sandro, infatti, oltre che artista e progettista, insegna all’istituto europeo di design di Milano e a quello di Perugia.

“ Com’è Sandro professore?” chiedo incuriosita.

“Più che insegnare, cerco di condividere la mia esperienza, partendo da quella più brutta della mia vita, che è stata proprio la scuola. Dalle elementari fino al liceo ho sempre pensato di non essere intelligente, perché apprendevo in modo diverso, lentamente. E più aumentava la mia lentezza d’apprendimento più cresceva la velocità di esclusione. Fino a quando ho frequentato l’istituto europeo, dove mi hanno insegnato come utilizzare le mie caratteristiche, come sfruttare le mie capacità, come trarre il meglio dalla mia creatività e fantasia. Ai miei ragazzi cerco di trasmettere soprattutto il concetto che, oggi, non si può e non si deve essere ignoranti, perché la cultura è veramente alla portata di tutti, abbiamo tanti strumenti per comprendere, apprendere e imparare. Ai miei tempi c’era solo la Treccani, eppure passavo ore a sfogliare l’enciclopedia per guardare le foto di com’erano fatti gli orologi.”.

Sorride al ricordo.

“Oggi la tecnologia è più complessa e al contempo più favorente. Per questo non si può non sapere. Perché è l’ignoranza che blocca generazioni intere. La seconda cosa che cerco di trasmettere è il rispetto per ciò che li circonda, perché gli spazi che occupano sono i loro, come le cose che utilizzano.”.

Parlare con Sandro è come essere travolti da un fiume di energia, positività e gratitudine per la vita.

“E quella foto sul computer? “ Chiedo indicandone una in bianco e nero che ritrae un bimbo sorridente.

“Quello sono io da bambino – dice Sandro – la guardo ogni giorno, appena arrivo in laboratorio,: è l’emblema della felicità, è la gioia del bambino che mette le mani nella sabbia. E’ la mia fonte d’ispirazione, per ricordare sempre la curiosità dell’infanzia, il modo incantato e autentico con cui tutto si osserva a quell’età. Guardarla fa venire in mente che se si è felice senza un perché si è veramente felici. Ecco questa è la condizione che c’è nella foto e che ricordo a me stesso tutti i giorni.”.

La osservo con emozione: Un bambino che ride felice, con i suoi quattro dentini e null’altro.

“Quando è cominciata la fase creativa?” chiedo ancora.

“Già da piccolino amavo dipingere e scolpire, ma ancora prima amavo smontare tutto ciò che avevo, e cercare di capire come fosse costruito. Questo deriva da mio nonno che aveva una grande manualità e sapeva costruire di tutto. Restavo affascinato nel vederlo lavorare. Poi, smontavo e rimontavo tutto ciò che mi regalavano o che mi capitava sottomano. In realtà in questo gioco di bambino, ho trovato anche la mia filosofia di vita: smontando tutto ho imparato a scomporre anche i problemi e a trovare così la soluzione.”.

“Com’è Sandro?” – chiedo.

“Fondamentalmente un sognatore! – mi dice-, una persona che non riesce a stare ferma, che sperimenta sempre e continua a sognare di fare qualcosa di grande. Adesso, per esempio, sto realizzando una barca a vela particolare. Sono al primo prototipo, vedremo. “- si stoppa, quasi avesse detto troppo.

“A questo aggiungo la mia grande curiosità che mi ha portato a cercare di capire come funzionasse tutto, come fosse realizzato, cosa ci fosse oltre. Questa caratteristica la devo a mio padre che, quando passeggiavamo per strada, mi diceva sempre: – Guarda in alto, altrimenti, se continui a guardare solo alla tua altezza, vedrai metà delle cose che ci sono intorno. – Oggi sono cresciuto, ma continuo a guardare in alto”.

Sorride divertito e per un momento il bimbo della foto è davanti a me in tutta la sua gioia esplosiva.

 



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