Una donna, una terrazza, un’alchimia: Marina Salamon.

Postato da on June 16, 2014 in la finestra. Storie di belle realtà | 0 commenti

Una donna, una terrazza, un’alchimia: Marina Salamon.

Altana, il nome della prima azienda, è la terrazza di legno sul tetto della sua casa veneziana, dove lei andava a studiare e a guardare le rondini.

Marina Salamon è una donna ecclettica, dal sorriso contagioso, imprenditrice futuristica che continua a sognare e ad agire e che, rispetto a tanti altri “personaggi noti” è sempre disponibile e avvicinabile: “Perché tutto è incontro e stupore e tutte le giornate diventano delle lezioni nuove”. “Il lato scomodo – continua – è che, volendo rispondere sempre in prima persona, senza segretarie, m’incasino, accumulando ritardi”.

I nomi delle sue aziende parlano per lei e di lei. Una su tutte, l’holding cui fanno capo tutte le sue attività imprenditoriali, si chiama Alchimia.

“Trovavo noiosi i nomi delle altre società; Alchimia mi faceva pensare al Medio Evo, al pentolone di Maga Magò.”

Si avverte l’energia, la magia, la capacità di seguire un percorso filosofico esoterico attraverso il linguaggio di svariate discipline o aziende in questo caso: ricerche di mercato, web, social, public relation, comunicazione, abbigliamento, alchimia appunto.

Un’energia avvolgente, che fa percepire l’intelligenza della donna.

“Non parlerei d’intelligenza, comunque non correlata a quella emotiva ma d’indice di consapevolezza.” Spesso è la rappresentazione sbagliata di sé che arreca danno”.

Sorrido, avvertendo, la grande concretezza: “Immagino che non sia sempre stato facile”.

“Ci sono stati molti errori e molte sconfitte”.“Dalla mia, ho l’eredità di donne forti.” “D’altra l’aver compreso una serie di cose che rappresentano spesso un limite.”

Noi donne siamo bravissime ma non ci stimiamo abbastanza, al contrario degli uomini e per sentirci all’altezza copiamo i loro aspetti sbagliati.

Riteniamo di dover essere punite se abbiamo successo nel lavoro e ci portiamo dietro delle paure antiche che ci limitano.

Siamo troppo severe con noi stesse e, pretendendo tanto da noi, esigiamo tanto dagli altri.

“Ho dovuto imparare a perdonarmi, totalmente e in questo modo ho perdonato anche gli altri”. Marina fa una pausa – poi continua– “Ho bisogno di fare e nel fare si commettono errori, l’importante non è aver ragione ma riconoscerli, dichiarare la verità e ricominciare.”.

“Altana, Doxa, Methodos, Arendi e poi web of life, un progetto di responsabilità sociale. Tante aziende, tanti manager, tante teste. Una grande visione la tua.”

“Sono passati anni prima di quel momento.” “Anche in questo caso ho dovuto imparare qualcosa:  fidarmi e  delegare. “

“Ho incontrato Barbara, la mia socia e, oggi, CEO di Altana, donna di grande intelligenza e dignità, che mi ha detto: io guido e tu mi lasci fare”.

“Mi sono fidata, e ho mollato il governo operativo della prima azienda.” “Non facile, perché un imprenditore è come un lupo che governa il suo territorio che sente come proiezione di sé.” “ Il controllo è esercizio di potere.”

“Da allora ho imparato; ho soci che mandano avanti le aziende in modo diverso, sperimentando. Non impongo, convinco discutendo e ascoltando molto.

Lavoro per obiettivi. Non possiedo una scrivania; vado dagli altri, mi muovo. In Altana la mia vecchia stanza è stata incorporata in una più grande ed io ho solo un armadietto. Sono in movimento continuo, come una viaggiatrice.”.

“Che cosa getteresti via se potessi?” le chiedo all’improvviso.

Mi risponde immediatamente: “Getterei via tutti i momenti in cui ho morsicato, come i bambini quando si arrabbiano se una cosa non è giusta e fanno male”.

“E che cosa terresti?”

“La passione per la vita, per ogni cosa.” – s’interrompe chiedendomi: “ Ti spiace se mentre parliamo, provo a collegarmi via skype con mio figlio? E’ in California e questo è un buon orario; voleva assistenza per un compito da fare. Probabilmente non riuscirò ma almeno vedrà che la mamma ci ha provato.”.

Resto in silenzio aspettando che si colleghi e riflettendo sulla capacità di Marina di essere imprenditrice e madre, testimone reale della compatibilità dei ruoli.

“Come si chiama tuo figlio?”

“Lupo”

“Nome singolare”

“Sono stata a studiare i comportamenti di questi splendidi animali che amo moltissimo e poiché molti di essi hanno il nome di essere umani, ho pensato che potesse essere anche l’inverso.”

Sorrido tra me. Di certo Marina è una donna che osa, che non si ferma di fronte alle convenzioni o alle abitudini. Ha, da buona alchimista, la capacità di sperimentare, di andare oltre la siepe, di sognare e provare a realizzare il sogno.

Avevo promesso che l’intervista sarebbe durata quaranta minuti e quindi, fedele alla mia parola, faccio la domanda conclusiva.

“Che cosa vuol fare Marina da grande?”

La risposta è all’altezza della donna: “ Avere più tempo per fare un sacco di cose; costruire posti di lavoro, progetti.”

Imparare a volare, insieme ai miei figli e poi, vorrei capire perché corro sempre, come Bianconiglio”.

Bianconiglio, il mitico personaggio di Alice, perennemente convinto di essere in ritardo, metafora bellissima dell’evento inatteso che porta alla comprensione di una realtà superiore. Un evento in grado di scardinare in un attimo qualunque convinzione, anche quelle di una vita intera.

Proprio come Marina Salamon.

 

 



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