La cucina, oggi, è argomento di grande interesse, grazie agli innumerevoli format televisivi su di essa e sull’arte del cucinare. Il tutto, però, è artefatto e soprattutto privo del significato vero della cucina perché guidato dall’aspetto consumistico o di audience. D’altra parte, abbiamo anche noi abbandonato il cucinare a favore di pasti veloci, già pronti o surgelati.
La manipolazione industriale
Le aziende, oggi, colgono il bisogno di genuinità e tradizione e fanno proprio ciò che, di fatto, non gli appartiene, trasformando in tradizionale ciò che non lo è, come le paste ripiene prodotte industrialmente ma con caratteristiche simili a quelli casalinghi o i dolcetti della nonna con ingredienti come la lecitina di soia transgenica, il tutto presentato tra prati verdi, ruscelli e immagini idilliache della natura.
Il termine tradizionale, però, è ciò che ha una cultura e una storia alle spalle, a dispetto di ciò che ne rappresenta una cattiva imitazione.
La Memoria del Corpo
La cucina, infatti, è la memoria del corpo fatta di odori di casa, dei gesti delle madri. I sapori sono legati alle relazioni e i legami si trasmettono nella mescolanza sapiente degli ingredienti: La cucina diventa Educatrice e i sentimenti sapori.
E’ il rapporto con la madre, con i prodotti delle stagioni, della terra. L’ingrediente diventa simbolo di un’appartenenza, di un tono di voce o di un’inflessione.
L’arte della cucina è l’espressione più intima del rapporto tra sapienza e comunità. La sapienza è nel saper legare e i legami sono sentimenti, si sentono come in cucina: il giusto legame degli ingredienti è il legame che si ha con i propri familiari.
La cucina parla dei nostri affetti, dei rapporti familiari e di quelli con la comunità. Sono tanti i legami che passano nei sapori della nostra cucina: ci permettono di entrare nelle case, ritrovare l’intimità del gusto, del piacere e del sentimento. La cucina è la memoria della comunità stessa, sia essa famiglia, tribù o altro
La cucina è la nostra memoria arcaica, la sapienza profonda derivante dal vivere, dai nostri gesti, dai luoghi che sono le persone che abitano lì fisicamente.
Ecco allora che la frase “Ognuno è ciò che mangia” si comprende nella sua pienezza, ognuno è come sta in relazione alla propria terra e agli altri.
I Celli Pieni: Biscotti Abruzzesi
Si tratta di biscotti rustici realizzati con un impasto friabile a base di farina, olio e vino e vengono farciti con la scrucchiata, la tipica confettura d’uva Montepulciano abruzzese, mandorle tostate, cacao e cannella. Nella tradizione venivano preparati per i matrimoni.
Ingredienti:
- Farina 500g
- Vino Bianco 140g
- Olio Evo 130g
- Mandorle 100g
- Biscotti secchi 30g
- Scrucchiata: confettura d’uva Montepulciano 400g
- limone 1/2
- cannella q.b
- Zucchero semolato q.b
Procedimento:
- Dopo aver tostato le mandorle in una padella per pochi minuti, tritarle finemente con i biscotti secchi.
- Mescolare la confettura d’uva con il cacao, la cannella e la scorza grattugiata del limone.
- Aggiungere anche le mandorle con i biscotti secchi e mescolare fino ad amalgamare gli ingredienti.
- Fare riposare il composto per almeno 30 minuti.
- Versate il vino in un pentolino e aggiungete 2 cucchiai di zucchero
- Sciogliere lo zucchero e mescolatre il vino tiepido con l’olio
- Aggiungere la farina e lavoratre gli ingredienti fino ad ottenere un impasto omogeneo.
- Aggiungere la farina poca alla volta e fino ad ottenere un composto omogeneo e piuttosto morbido.
- Fate riposare a temperatura ambiente per circa 30 minuti, coperto con un canovaccio.
- Stendere l’impasto con il matterello dividendolo in più parti e poi, con la macchina per la pasta, formate delle sfoglie molto sottili.
- Porre un cucchiaino di ripieno sulla sfoglia lasciando qualche cm di spazio tra uno e l’altro.
- Ripiegare la sfoglia e con una rotella ritagliare delle mezzelune; avvicinare le estremità e sigillare bene con le mani.
- Passare i biscotti nello zucchero semolato e adagiarli in una teglia rivestita di carta forno.
- Cuocere a 180°C per circa 15 minuti controllando la cottur