L’ambiguità e il coraggio

Approfitto di ogni occasione per osservare le tante persone che incontro ogni giorno, ad esempio soffermandomi su uno sguardo incrociato per caso, o ascoltando con attenzione i contenuti di conversazioni su temi personali e profondi, e provo a coglierne atteggiamenti ricorrenti e modalità di relazionarsi diffuse.

Mi piace poi tantissimo rifletterci, anche con l’intento di migliorare il mio vivere quotidiano, in senso professionale e personale.

Sempre più frequentemente mi colpisce la difficoltà di definire con chiarezza le proprie opinioni, idee, gusti, desideri, ecc.

In modo tiepido viene espressa un’esigenza, o una richiesta; ma anche nell’evidenza di una scelta fatta, molte volte noto una fatica ad argomentare le proprie motivazioni.

L’esitazione riguarda la decisione di cosa proporre per una cena  tra amici, o la possibilità di rivolgersi a professionisti per esigenze particolari o bisogni del momento (avvocato, consulente fiscale, medico, ecc.), fino alla considerazione di passaggi di vita fondamentali come scelte lavorative o separazioni nei rapporti di coppia.

Immagino si tratti della difficoltà di essere determinati, fiduciosi del proprio sentire e dei propri pensieri, quindi esitanti nel legittimarsi un ruolo e uno spazio ben delineato, a cui tutti dovremmo avere diritto, credo…

Ciò produce degli atteggiamenti poco definiti, talvolta senza vere espressioni di un punto di vista, che possono rendersi incomprensibili agli altri, o almeno diventano posizioni molto interpretabili. In altri termini definirei questa modalità come ambigua.

E se impulsivamente l’ambiguità può risultare spesso irritante, vorrei soffermarmi per notare le varie sfumature che può racchiudere un atteggiamento ambiguo.

Di certo permette di non svelare subito un’intenzione o una scelta e di prendersi del tempo per valutare meglio prima di assumersi la responsabilità di esporsi; rende enigmatici, misteriosi, e magari più interessanti allo sguardo altrui.

In alcuni ambiti ne emerge la necessità, come definisce benissimo il famoso regista Stanley Kubrick:

“Quando ci si muove su un livello “non-verbale”, l’ambiguità è inevitabile. Ma è l’ambiguità di ogni arte, di un bel pezzo musicale o di un dipinto. “Spiegare” non ha senso, ha solo un superficiale significato “culturale”, buono per i critici e gli insegnanti che devono guadagnarsi da vivere”.

Nella gestione dei vari rapporti interpersonali nella vita di tutti i giorni però, il mio essere molto indeciso, vacillante nell’esprimere la mia idea o il mio parere, potrebbe nuocermi.

La mancanza di iniziativa può essere letta come scarso entusiasmo o disinteresse; la vaghezza potrebbe mostrarmi come persona poco autentica, subdola o inaffidabile per l’altro.

Trovo evidente che affermare con chiarezza la nostra visione, definire le nostre preferenze, rendere trasparenti le nostre scelte richieda un po’ di coraggio, laddove spesso c’è il timore della disapprovazione e della critica di chi circonda più o meno intimamente.

Il coraggio necessario riguarda quindi soprattutto la scelta di riconoscere il valore e la rispettabilità di ciò che possiamo esprimere, in mille forme.

Se quella mia opinione la accetto fino in fondo, la valorizzo, la apprezzo in quanto mia, il biasimo altrui mi toccherà in misura minore. E’ indubbio che ci piacerebbe la stima e l’approvazione degli altri, avere la soddisfazione di sentirsi compresi e sostenuti, e, idealmente, vorremmo che avvenisse costantemente

In realtà questo credo sia pressochè impossibile…

Mentre riuscire a valorizzare chi siamo, portare autenticamente le nostre opinioni, il nostro sentire, la nostra etica può diventare molto appagante e nutriente.

Se inizialmente può sembrare difficile trovare il coraggio di essere chiari, aperti, risoluti, poi passo passo, gli effetti che produciamo nel nostro quotidiano diventano davvero rinforzanti e stimolanti.

Si tratta di prendersi la responsabilità di scegliere quello che ci dona un benessere profondo, oltre l’apparenza, come spesso accade quando siamo coerenti con i nostri valori, ad esempio.

E gli altri, molto probabilmente saranno più attratti da ciò che ci definisce e che rispettiamo in noi, piuttosto che da modalità ambigue prive di colore, o dalle tinte indefinibili.

Condividi...

Autore: Alessandra Caroli

È counselor relazionale ad indirizzo mediacomunicativo ed educatrice professionale. Per Avalon si dedica da anni ad attività di counseling, tutoring e organizzazione di eventi. Coordina le attività didattiche ed è parte del corpo docente della Scuola di Counseling e Media-Comunic-Azione. Si occupa di counseling e formazione in contesti pubblici e privati, con un’esperienza decennale in ambito sociale, attraverso progetti di riabilitazione per la disabilità psico-fisica di adulti e bambini e di sostegno alle famiglie. Da sempre ama approfondire la conoscenza di luoghi e culture diverse, unendo quindi il viaggio fuori al viaggio dentro di sé. Con entusiasmo, attraverso la rubrica “Il punto di vista del counselor”, si occupa di sostenere e divulgare questo approccio alla crescita personale e di favorire nel lettore un ampliamento delle prospettive nell’affrontare la quotidianità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Categorie

Commenti recenti

Da Avalon Giornale

Tag

Archivi