L’importanza di piantare gli alberi

Almeno quattrocento alberi piantati nel solo 2019. Recuperando quelle specie che erano nel bosco prima degli abbattimenti per l’agricoltura, come il Cerro o la Farnia. “Le ghiande di Cerro le ho raccolte in una contrada vicino ad Isola del Gran Sasso, mi piacerebbe che il bosco tornasse al suo stato di foresta primaria”. E poi la casa “dove finisce la strada e comincia la montagna” oltre all’attività di Aigae-Associazione italiana guide ambientali escursionistiche e quella di artigianato, recuperando e trasformando in oggetti artistici, riami e radici raccolti nel bosco o sulla riva del mare.

Sono alcuni tasselli della vita di Fabrizio Sulli, 33 anni, abruzzese con una storia fatta di passione e natura. Che ha scelto come casa un vecchio rudere recuperato nel tempo, a due chilometri dal centro abitato di Isola del Gran Sasso (Te), in una zona dove prima c’erano almeno diciassette famiglie e dove ora non vuole vivere più nessuno.

“L’ho scoperta durante un’escursione dodici anni fa – racconta -. Vivo lì da quasi dieci anni, l’ho rimessa posto, facendo le cose con il contagocce, chiamando manovalanza del paese, dall’idraulico al muratore. Faccio quello che volevo fare fin da piccolo, vino in un modo che mi dona benessere. I genitori, i conoscenti, mi raccontano che già da piccolo ero amante della natura e del suo mondo intorno. Questo pè da sempre il mio filo guoda e continuo a seguirlo”.

Del resto, se cresci con un nonno di San Severo che ti racconta e fa vivere la campagna e un papà che ti porta in montagna, sul Gran Sasso, già da piccolo, è più facile che poi la passione diventi motivo di vita, un insieme. Ma serve un animo che sappi recepire questa bellezza. E condividerla.

“Il numero degli alberi piantati quest’anno è sicuramente in difetto – aggiunge Fabio Sulli nel suo racconto -. Pianto alberi da sempre, dal balcone di casa dei miei. Da Castelli (Te) dove vivevo da piccolo li portavo a Pescara, dove poi ho fatto il liceo… sono arrivato a piantarli nel cortile condominiale. Avevo un acero sul balcone, ricordo che di notte lo piantai in un’aiuola in piazza a Pescara di fronte alla chiesa di San Cetteo. Durò poco, perché gli versarono gasolio sulle radici…”.

Una scelta di vita non facile la sua, che si scontra con la burocrazia e con le maldicenze. “Anni fa avevo le capre e le portavo al pascolo su terreni abbandonati – aggiunge Fabrizio Sulli nel suo racconto -. Terreni mai reclamati da nessuno ma appena mi hanno visto lì, improvvisamente, quei pezzi di terra sono diventati di qualcuno, sono saltati fuori i proprietari. Bah, pensare che li tenevo anche bene quei terreni. Ma niente, mi hanno proibito di passarci. Piuttosto sarebbero terre da fa diventare orto collettivo, altroché !”.

Anche vivere da solo in montagna non è cosa da tutti. “Le persone hanno timore di guardare dentro se stesse – dice -. Hanno paura della cosiddetta solitudine. Stare in compagnia di se stessi è invece il modo migliore per imparare a stare con gli altri. Hanno dimenticato di come vivevano i loro padri, delle attività quotidiane che per loro erano normali”.

Come hanno dimenticato la storia dei corvi che sono “animali importantissimi” per dirla sempre con le parole di Fabrizio. “Raccolgono le ghiande per nasconderle nelle loro scorte. Questo è importantissimo perché altrimenti le ghiande, sotto la chioma degli alberi, in un’area non soleggiata, morirebbero. Ma i corvi ogni tanto dimenticano dove le hanno nascoste e così nasce un nuovo albero”.

Fabio Sulli si innesta nella storia di chi, anche già da quarant’anni, ha dato vita al cosiddetto movimento di ritorno. Persone che o acquistando case abbandonate, o anche occupandole, hanno ridato vita a zone, a terreni. “Adesso le loro storie sono anche online, ci sono tante informazioni, bene così. Sono comunità che collaborano, è bellissimo”.

“Ho sentito la storia della grande muraglia verde che stanno piantando in Africa per fermare l’avanzata del deserto, è una storia emozionante – aggiunge ancora Fabrizio Sulli -. Qui nel mio piccolo sono contento di regalare moltissimi alberi, di insegnare come tutto parta da una ghianda. La mia non è solo passione ma anche conoscenza, passata anche negli studi di scienze ambientali, per quanto li abbia interrotti. Sono gli insegnamenti di mio nonno. Vorrei coinvolgere i ragazzi delle scuole, bisogna partire da subito per fargli capire l’importanza degli alberi. Oggi però servono normative per tutto… ho delle querce che voglio piantare a Chieti, nell’area dell’università ma sto aspettando le carte per fare un evento. La cosa buffa è che nell’area pic-nin hanno invece messo delle piante ibride, che non hanno nulla a che fare con ciò che c’era nei nostri boschi”.

“Anche un solo individuo può fare la differenza – conclude, nei suoi modi cordiali e coinvolgenti – nell’azione di salvaguardia verso il patrimonio genetico degli alberi e favorirne la ridiffusione. La mia missione di oggi è accelerare il processo verso il ritorno alla foresta”.

 

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Autore: Alessandro Ricci

Pescara, 1974. Giornalista free lance, inizia con Il Messaggero Abruzzo nel 1994. Collabora nel tempo con testate regionali e nazionali, cura l'ufficio stampa per enti pubblici e privati in particolare nel settore viaggi e turismo. Nel 2007 avvia il progetto Borracce di poesia - La bici per il verso giusto. Il tutto nel segno della curiosità e della conoscenza.

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