Nei locali per pensare, oltre la fretta

La testa china sul cellulare e le dita che vanno veloci. Oppure lo sguardo fisso sul mega schermo e musiche, spesso pessime, a volumi improponibili. Nessun dialogo, se non sguaiato e urlato, nessun confronto, insomma una sana chiacchierata, non per forza sui massimi sistemi. Anche giusto per fare e stare un po’ in serenità.

E però guardandosi intorno, la proposta dei locali – diciamo generalisti, senza forse nemmeno tante pretese – non brilla per originalità e programmazione. Tratto comune, il gran caos che regna dentro, unito alla fretta. 

E così, fra le varie altre ispirazioni, proprio ad una riflessione sulla fretta, del poeta Tonino Guerra, si sono affidati gli ideatori dei Locali per pensare. “Bisogna creare luoghi per fermare la nostra fretta e aspettare l’anima”: questa la frase scelta.

Un’idea lanciata da meno di un anno e con una grande eco a livello nazionale, tanto da arrivare a coinvolgere già decine di locali in tutta Italia, in particolare nel nord e nel centro della Penisola. 

«Locali per pensare è una rete di luoghi pubblici dove incontrarsi, leggere, promuovere iniziative, sperimentare pensieri – si legge nella presentazione dell’idea, sul sito di riferimento -. I Locali per pensare sono senza video e senza musica ad alto volume». 

Due le modalità di adesione, da quella base alla plus. Sempre però con un decalogo da rispettare.

«L’idea di creare una rete di locali per parlare, al riparo dall’imperante moda della musica e o dei video obbligatori, è stata l’occasione per scoprire nuovi luoghi dove fare cultura – raccontano gli ideatori Valerio Corvisieri e Francesca Silvestri -. A rafforzare questo proposito è stato l’incontro con Dacia Maraini, in occasione della presentazione del libro di Corvisieri su Luisa Spagnoli (ali&no, 2017). Nel corso del dibattito la scrittrice ha rievocato con nostalgia gli anni ’50 e ’60, età d’oro dei bar e dei caffè letterari, e così la comune riflessione sulla difficoltà di pensare e comunicare nei locali di oggi, ha costituito il punto di partenza ideale di Locali per pensare».

Ecco quindi locali in sintonia con il territorio, senza musica ad alto volume, maxischermo, tv o eventi sportivi. Sì alla possibilità di ospitare eventi culturali e a spazi per socializzare. E ancora, per i ristoranti, sì a un menù alla carta di filiera corta e stagionale e per i bar sì alla possibilità di servizio al tavolo. 

Sfiorano i cento i locali che al momento hanno aderito all’idea.

«E’ diventato sempre più difficile trovare un locale, bar, caffè o ristorante, dove stare tranquilli con i propri pensieri o con una o più persone semplicemente per parlare – aggiungono gli ideatori del progetto -. Sembra quasi che oggi sia in atto una perversa congiura per impedirci di pensare e di comunicare, creare qualcosa nei suddetti locali, poi, come poteva succedere nei caffè di una volta, ritrovo prediletto degli intellettuali del Novecento, sarebbe oggi pura fantascienza».

Buoni locali per pensare, allora. Con l’augurio che la lista cresca sempre di più.

 

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Autore: Alessandro Ricci

Pescara, 1974. Giornalista free lance, inizia con Il Messaggero Abruzzo nel 1994. Collabora nel tempo con testate regionali e nazionali, cura l'ufficio stampa per enti pubblici e privati in particolare nel settore viaggi e turismo. Nel 2007 avvia il progetto Borracce di poesia - La bici per il verso giusto. Il tutto nel segno della curiosità e della conoscenza.

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