Perché? Non lo so

Alice (nome di fantasia) ha compiuto dodici anni il mese scorso, entra nella stanza del mio studio con fare timoroso di chi non sa cosa aspettarsi. Si siede e per un po’ si perde nella felpa grigia lunga fino alle mani e gli short di jeans infarciti di strappi e perline. Le scarpe abbinate, più grandi dei suoi piedi, sono utili a tenerla in equilibrio.

Con la delicatezza più limpida di cui sono capace, comincio a rivolgerle qualche semplice domanda, che rompere il ghiaccio è sempre difficile. Lei risponde prevalentemente con le spalle, tirandole all’insù o stringendole. Sorride poco forse anche per non mostrare l’apparecchio ai denti che poi definirà “bruttissimo”.

E’ arrivata in seduta perché la madre è preoccupata dai suoi comportamenti “strani” poiché, sotto le maniche lunghe del maglioncino, Alice nasconde piccoli tagli trasversali che solcano la pelle dall’ avambraccio al gomito. Cicatrici e tagli sulle cicatrici che, a guardarli da lontano, sembrano strisce di sabbia pettinata dal mare sulla riva.

Con rispetto, cura e pazienza Alice si apre alla fiducia e un pomeriggio, con le maniche corte, si racconta come un fiume in piena tanto che fatico a seguirla.

Nomina Rachele, Yara e Camilla (nomi di fantasia), le amiche di sempre, e con loro l’invidia per come parlano, si muovono e si vestono, soprattutto, per le idee chiare su cosa fare nel futuro, mentre lei: “Io non ho nessun talento! Non so nemmeno quale scuola scegliere alla fine delle medie!” Mai come nella fase della vita di Alice le amiche/nemiche sono essenziali. Gli altri sono tutto per lei.

Poi mi parla del ragazzo del maneggio, un biondino dai capelli lunghi e più basso di lei. Arrossisce quando mi mostra attraverso lo smartphone la foto di lui su instagram, ovviamente da lontano per timore che inavvertitamente io possa mettere un like.

Alice a volte tace e guarda fuori dalla finestra. Non si può neppure intuire cosa stia pensando o sentendo, se è immersa nella sua parte adulta o in un pensiero bambino che la accarezza nel volto irrisolto di chi non sa ancora nulla di sé.

Dentro è come se avesse una bottiglia di plastica vuota e senza tappo che a muoversi scricchiola e la fa stare scomoda dentro e fuori.

E io la guardo e la gamma di emozioni che sento è ampia e variegata e passa dalla tenerezza all’indifferenza, e, anche se non vorrei, come davanti ad uno specchio, rivedo la mia adolescenza. Sono così simili e così diverse, ma quando la sua storia si confonde con la mia, starle accanto per ricucire i suoi tagli significa ripulire i miei dalla polvere e la fretta.

Quanta gratitudine e fatica Alice!

Le chiedo della mamma e mi risponde con scoraggiamento che le fa tristezza non essere capita da lei che insiste nel dirle che c’è già passata e sa come si sente. E papà? “Papà lavora”.

In ogni suo racconto c’è sempre qualcosa di brutto e di bello insieme, come se fossero la stessa cosa.

Le chiedo di scrivere “Il diario delle emozioni”, accetta con titubanza ma per due settimane non scrive nulla. Le assegno così un nuovo compito che non svolge comunque. Infine decido di  abbandonare l’argomento fintanto che lei, irritata, si risente con me per aver mancato di controllarle il compito che non aveva svolto! Eccole le mille contraddizioni di questa piccola ragazza che contiene in sé il mondo intero e i suoi potenziali.

Quando finalmente le chiedo il perché dei tagli fatti con la lama interna delle forbici, dice “NON LO SO” con la voce e con le spalle che si avvicinano fra loro sul piccolo seno e poi, senza piangere mai, mi risponde che è così arrabbiata, ma così arrabbiata che è meglio provare dolore.

Il cuore si scioglie a vederla soffrire. L’istinto di salvarla e darle consigli è forte ma ingiusto, che quando mai è utile sostituirsi agli altri.

Ma una soluzione c’è, seppur scomoda: è stare con Alice, nel significato nobile e profondo della com-passione.

Poi succede anche che sorride come se non avesse mai sofferto prima e il cielo con lei.

Un giorno, al termine della seduta, mi abbraccia e appoggia la testa sulla mia spalla, che è già più alta di me. La tengo lì tanto stretta per farla restare quanto libera per farla andare. Chiudo gli occhi un momento e mi domando quanta strada (e battiti) ha il suo cuore in evoluzione. Da quella posizione mi chiede se gli adulti sono felici o solo tanto indaffarati. Sorrido ma vorrei rispondere “Non lo so”.

Un giorno arriva col broncio e le braccia incrociate, ha smesso di tagliarsi e ha i capelli viola.

Le chiedo: “Sei arrabbiata?”, “No” , risponde, poi scoppia a ridere.

Il guscio si è rotto, benvenuta adolescenza.

 

 

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Autore: Silvia Torrieri

Da sempre affascinata dalla mente umana diventa psicologa clinica per saperne di più, innanzitutto di sé stessa. Alla continua ricerca delle motivazioni che spingono i comportamenti, si specializza nelle "nuove dipendenze" e approda alla Media-Comunic-Azione® diventando counselor Relazionale. Lavora nell'ambito della relazione d'aiuto in diversi contesti e nella professione privata. Condivide con Avalon i valori della formazione continua, l'etica professionale e la crescita personale.

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