Per chi – non mi piace dire possiede – vive con un anima-le e lo sente famiglia, quello che sto per raccontare apparirà più che comprensibile; ma il mio intento è anche sollecitare una riflessione da parte di coloro che non conoscono questa esperienza e per cui “in fondo è solo un animale”. In realtà cari amici intronauti, al di là di chi o cosa ci sia fuori, si tratta sempre di uno specchio che ci riguarda moltissimo e ha tanto da dirci.
Oggi torno a scrivere dei miei gatti [1] e di come sappiano essere sempre una fonte di riflessione profonda. Voglio condividere con voi la storia di un evento traumatico, dal rifiuto all’accettazione, e della sua felice risoluzione.
PRIMA LEZIONE: DARE ASCOLTO AI BISOGNI ALTRUI NON PENSANDO CHE COINCIDANO CON I NOSTRI. La scorsa settimana volevo portare il micio Hansel dal veterinario per un controllo e, per evitare che sua sorella Gretel gli soffiasse al ritorno a causa del suo nuovo odore, decido di portare anche lei e metto tutti e due nel trasportino. Nessuno dei due lo ama, ricorda loro la cattura ed il distacco dalla madre, le prime visite dal veterinario, insomma mai niente di piacevole. Quando ci devono entrare lo sanno già in anticipo e si nascondono, quasi mi leggessero il pensiero, in realtà sentono che non sono serena io per prima e si mettono in allarme, in più ci stanno stretti e vivono davvero la condizione della gabbia. So bene tutto ciò ma … su non fate i capricci … in fondo si tratta di una necessità … lo sto facendo per il vostro bene … dai non piangete, solo una mezz’oretta e poi torniamo subito a casa …
SECONDA LEZIONE: IL SE’ WONDER WOMAN NON E’ INFALLIBILE. Ore 16, temperatura percepita 80 gradi, al limite della vaporizzazione, nel cortile del mio palazzo l’asfalto è incandescente e le cicale accompagnano ogni passo, forse è meglio che li lasci qui al portone e dopo torno con la macchina? Ma già sono spaventati e se pensano che li ho abbandonati? Vabbè ce la posso fare, il trasportino pesantissimo (insieme sono circa 13kg) in una mano, la borsa nell’altra, la macchina che è lontana, io che ho già sudato il sudabile, ci sono quasi, ora prendo le chiavi ma come faccio? Ok, li appoggio un attimo sul cofano e le prendo … patatrac …
Sento un rumore tremendo, il trasportino è caduto a terra rovesciandosi sottosopra e nell’urto la porta si è aperta. Scappano entrambi terrorizzati, non so chi inseguire prima. Gretel si nasconde sotto una macchina parcheggiata di fianco, Hansel cerca rifugio tra i cespugli. Lo seguo prima che si allontani troppo e vada fuori dal cortile. Non è facile, corre tra i rami fitti e bassi e non vuole uscire, io sono spaventata quanto lui ma ho fretta di recuperare anche la sorella. Per fortuna si ferma e lo prendo ma quando mi volto Gretel non c’è più. Panico, il tempo e l’aria già immobile si fermano, che faccio? Rimetto Hansel nel trasportino, questa volta in un’aiuola, sotto l’ombra protettiva di un albero guardiano e cerco Gretel ma non la trovo. Lui piange disperato e mi si stringe il cuore ma spero serva alla sorella come richiamo e a sentire dove siamo.
TERZA LEZIONE: ESSERE AUTONOMI VUOL DIRE ANCHE RICONOSCERE I PROPRI LIMITI E SAPER CHIEDERE AIUTO. Mi guardo attorno e per la prima volta guardo con attenzione tutti i dettagli di quel cortile, tanti cespugli e tante recinzioni a rete, ma anche buchi nella rete o paletti di cemento, dove passare per andar fuori in altri cortili, o verso la strada … aiuto!!! In un attimo si stagliano le più fosche possibilità e tutto quel mix di emozioni – angoscia, senso di colpa, dispiacere,smarrimento – che la necessità e l’adrenalina avevano sedato. Continuo a chiamarla insieme al fratello, ma niente. Ho esaurito risorse e lucidità, è ora di chiedere aiuto.
QUARTA LEZIONE: NIENTE COME UN DISAGIO DA’ OCCASIONE PER GUARDARE ALLE RISORSE. Nella disperazione e paralisi mentale, ho ringraziato il Cielo per non essere sola, sapere chi chiamare ed avere degli amici meravigliosi. Zuleika ha lasciato tutto ed è corsa subito, prodiga di consigli, sangue freddo e senso pratico. Poi scappando dal lavoro, portandosi neonati, e ognuno come poteva sono arrivati Alberto, Zaira, Federica, Giorgio, Loredana, Daniela, Flavia, Augusto, Antinea, Veronica a fare turni e dividerci le zone, guardare sotto le macchine, appendere i volantini, postare l’avviso su siti di ricerca gestiti dai volontari, parlare con vicini e passanti, in un pomeriggio torrido come non mai. E poi la sera, fino alla notte, perché magari con il fresco esce …
QUINTA LEZIONE: LASCIARE IL CUORE APERTO. E invece no, una notte insonne tra i mille pensieri ed il miagolio disperato del fratello sul balcone. Chissà dove sarà, e se finisce sotto una macchina? No, è difficile che i gatti di casa si allontanino troppo. E se la prende qualcuno per compagnia o per …? Non voglio nemmeno pensare a tutte le cose orribili che si sentono, ma non credo giacché lei è così diffidente con gli estranei; non ho mai apprezzato tanto la sua ritrosia. Ah se avessi fatto questo e non avessi fatto quello … Intanto è mattina e devo andare, è ancora fresco, magari è la volta buona. Tutto questo per quattro giorni, in cui la speranza a volte vacillava, ma veniva sempre rinfrancata da cuori generosi, conosciuti e non. In particolare Silvia, Fede, Flavia, Myriam e i loro bambini, in pancia, passeggino o bicicletta, serissimi ed instancabili nel cercarla, chiamarla, loro sì a cuore aperto, ricordandomi come si fa.
SESTA LEZIONE: IL SE’ VITTIMA NON AIUTA, MEGLIO RICHIAMARE L’ENERGIA MADRE. Il terzo giorno, in uno dei miei giri notturni all’interno del cortile, finalmente la vedo, sbuca di colpo da un cespuglio e sembra più sorpresa di me. Allora è viva! Meno male, e ora che faccio? Ah sì, mi ricordo dei consigli ricevuti e mi fermo per non spaventarla, la chiamo commossa e agito la busta con i suoi croccantini. Lei mi fissa un attimo e scappa via. Ma come? Perché non è venuta subito da me? E’ ancora spaventata e devo dirmelo anche se fa male, è anche arrabbiata. Si è sentita tradita, messa a forza in un trasportino dove stava stretta, che poi è caduto e le ha fatto pure male, persa in un luogo sconosciuto a nascondersi da umani e altri animali, senza sapere dove mangiare o bere. Forse non si fiderà più di me, forse non sente la mia mancanza o quella del fratello, forse mi sta dicendo addio. In questo turbinio di emozioni, non posso fare altro che smettere di pensare a me, a quanto sto male io e pensare che non è lei a dover rassicurare me, ma il contrario. E’ tempo di stare con quello che c’è e di nuovo aprire il cuore perché sia l’amore a cercarla, non la paura.
SETTIMA LEZIONE: COME DENTRO COSI’ FUORI. Sono passati quattro giorni e comincio a capire, va bene così Gretel, sei scappata in un moto d’orgoglio, e mostri distanza e diffidenza, un meccanismo che conosco molto bene. Ricominciamo daccapo, io ci sono e rispetterò i tuoi tempi, in fondo è ciò che mi chiedevi anche prima. Se prima vivevo la tua assenza in una sorta di buco nero, a metà tra il lutto e l’apnea, ora comincio a capire che quel buco è una finestra. Un tempo ed una possibilità di fermarmi a guardare senza aspettative, a te e a me, a come il mio pormi, dai pensieri alle azioni si rifletta sempre in ciò che mi accade. Che dono questo dolore, che tutto scarnifica e riconduce all’essenziale, spesso smarrito per automatismi e amore della via breve. E’ sera, ho un impegno importante, non so se andare oppure no, decido che vado ma non farò tardi, così potrò venire a salutarti anche stanotte, tanto lo so che sei lì tra i cespugli del cortile. Verrò a lasciarti dell’acqua e il tuo cibo preferito, verrò a chiederti scusa e ad accarezzare la sera perché accarezzi te e continui a proteggerti. E’ una sera proprio magica, per altre ragioni e altri contesti – ma niente è mai per caso – mi sono arresa e ho deposto le armi, ho lasciato andare la mia rabbia più antica e calcarea, silenziosa e soffocata. Ho fatto spazio, mi sento leggera e in pace, ora posso vedere e capire la tua, apprezzarne il valore, la necessità di un grido per la propria dignità, dei suoi tempi, dell’ascolto, di attenzione e di qualche passo indietro per ristabilire gli equilibri. Io ho sciolto la mia rabbia e così hai fatto tu. Quando torno a casa, sei lì che mi aspetti e questa volta non scappi. Certo ti sei fatta pregare un bel po’, ci sono voluti tanti croccantini e tanto amore ma così mi hai dato l’ultima lezione: LE BUONE INTENZIONI VANNO VERIFICATE. Ti adoro Gretel!!!
[1] vedi mio precedente articolo “Pet therapy. Chi accudisce chi?”
Una grande lezione, emozionante, dalla prima riga all’ultima. Mi sono scese due lacrime. E…mi sono rivista in tutto. Non so se sarei stata all’altezza di Gretel.
ti ringrazio monica, se ci ripenso mi vengono ancora i brividi e la voglia di stringermela ancora più forte. è stata un’esperienza a lieto fine molto intensa e devo tantissimo a chi mi ha sostenuto e a lei che ha scelto di tornare.