Che il tempo rallenti è spesso qualcosa che ci auguriamo, sommersi dagli impegni e dalla vita, quando ci sembra di non avere la possibilità di dedicarci a niente per noi.
In realtà, tutti abbiamo almeno dieci minuti al giorno che possiamo dedicare a noi stessi, ma fatichiamo a vederli, o meglio ad occuparli con qualità. La testa è sempre più avanti o più indietro di quanto non siamo noi!
Se ci fermiamo al momento presente, quello che può succedere è che entriamo in contatto con noi e che “sentiamo”. A volte è proprio questo che temiamo, sentire ciò che realmente proviamo. Così boicottiamo gli spazi liberi che potremmo avere per noi.
Per molto tempo non ho letto poesie. Diciamo che, una volta terminato il liceo, poco alla volta le ho abbandonate.
Mi sono lasciata inglobare dalla vita, dagli impegni, come tutti.
Qualche tempo fa, un sogno mi ha riportato la poesia. Stuzzicata dal messaggio onirico, ho acquistato il libro di una poetessa che non avevo mai letto, e l’ho iniziato subito, con urgenza.
Sorpresa! Ho scoperto (forse ri-scoperto) che la poesia accompagna dolcemente il sentire. Una poesia è breve, ma intensa. Si legge velocemente, ma dentro risuona. E ci porta al sentire col cuore.
Per questo l’avevo abbandonata. Presa dal fare, il sentire veniva dopo. Presa da tutto ciò che ci si aspettava da me, non volevo ascoltarmi.
Capita a tutti, capita spesso e a volte diventa la norma, la quotidianità.
Ma si può invertire la rotta e a volte basta solo una poesia.
Oggi, in onore di Alfonsina Storni, poetessa appena ritrovata, vi saluto lasciandovi un suo scritto.
Tanta dolcezza…
Tanta dolcezza le tue mani danno
che sei nato da frutta mi chiedo,
se api col miele ti allattarono,
se sei nipote dell’Estate eccelso.
Tanta dolcezza che non ha rango umano:
gli dèi ti profumarono il corredo,
sopra il tuo sangue rosso distillarono
occhi bambini, pianoro disteso.
Tanta dolcezza cadendo nell’anima
muove speranze, le procura calma
e di virtù il desiderio corona.
Tanta dolcezza, avuta come dono,
che dico al male che mi strugge: scorda
e al danno ricevuto: dà perdono.
Se ti stai chiedendo cosa c’entri questo col bell’essere, è presto detto. Se non ci ascoltiamo davvero, il nostro benessere è solo apparente. Se vogliamo imparare a sentire i bisogni della nostra pelle e del nostro corpo… occorre che ci fermiamo, che scendiamo dalla “ruota del criceto” sulla quale corriamo le nostre giornate.
Foto da www.photl.com
Rami e silenzi spogli
Mi trovo una tana, ogni tanto,
un posto così solitario che anche
le volpi annusano in sospetto.
Disordino intorno a me
le grandi cose e i piccoli niente,
le stagioni dei dispiaceri
tutti gli addii della mia vita
l’erba dolce sul sentiero di casa
e tre piccole foglie d’alloro.
E lo spazio si dilata nella stretta
di tempi imprecisi
perché tutto succede nello stesso
istante. Nello stesso istante
l’uccello muore e vive. E canta.
Siamo noi che ci chiediamo come.
Titti Ferrando
Grazie mille 🙂