Credo che parlare di responsabilità evochi in modo immediato tutto ciò che riguarda oneri, incombenze, doveri, gestioni, affidabilità, compiti, obblighi…direi in genere qualcosa che rappresenta un peso.
Provando a leggere il senso di responsabilità nei rapporti interpersonali della nostra vita (lavoro, legami familiari, attività sociali e ricreative, ecc) emergono anche aspetti gratificanti, molto motivanti, legati al riconoscimento e a significati affettivi importanti.
Penso al genitore che in genere sente il compito di essere responsabile per i suoi figli, e spontaneamente si fa carico dei loro comportamenti e del loro benessere, come espressione dell’affetto che caratterizza il legame forse più viscerale che possiamo sperimentare.
Nello stesso tempo questo ruolo lo farà confrontare con le forti aspettative degli altri, con altrettanta profonda autocritica magari, e molto spesso la valutazione di quanto riesca in questo compito, viene esteso alla valutazione della sua persona in senso ampio.
Importanti criticità possono quindi emergere quando quel figlio inizia ad avvicinarsi ad un’età adulta, e i suoi eventuali disagi o malesseri diventano espressione di presunti limiti e colpe di mamma o papà.
Non è affatto facile considerare, spesso anche da un occhio esterno, la necessità del giovane (per definizione poco saggio, poco affidabile, poco competente…) di iniziare a prendersi delle responsabilità, che sono un passo importante verso il saper prendersi cura di sé.
Come di consueto l’etimo delle parole ci chiarisce profondamente il concetto che racchiudono: responsabilità significa essere abili a rispondere, quindi ad esempio saper reagire alle diverse situazioni della vita.
Ben oltre la fase di passaggio verso l’età adulta, in molti di noi adulti e, in teoria maturi, rimane la difficoltà di prendersi responsabilità.
Per cui tendiamo a delegare, a lasciar decidere agli altri ciò che è bene per noi…
A volte affidandoci alle loro presunte capacità e sentendoci in parte sollevati, o subendo passivamente le scelte esterne.
Di fronte all’esigenza di saper rispondere delle nostre azioni, opinioni, o scelte, molto probabilmente ci sentiamo fragili e possiamo notarlo percependo ansia, timore, insicurezza, in base ad un processo naturale ed istintivo.
Se è certo che si rivela necessario essere responsabili di noi, ovvero fare la nostra parte nell’evitare ciò che può rivelarsi dannoso, nel cercare appagamento e una buona qualità di vita, è anche vero che riuscirci è tanto legato alla conoscenza delle nostre vulnerabilità.
Credo che imparare ad ascoltare ed accogliere ciò che interiormente ci fa sentire fragili, quindi ad accudire le parti spaventate e inadeguate, sia funzionale a prenderci effettivamente cura di noi.
E ad imparare a valutare con accortezza ciò che è veramente sano e costruttivo per la nostra persona, nella sua interezza.
Questo può condurci a diventare noi un fondamentale riferimento per noi stessi.
Direi la garanzia più certa: su chi altri potremmo contare con certezza per tutta la vita?
Avverrà, dedicandoci tempo ed attenzioni, con costanza e tenacia, che sapremo accogliere e gestire i nostri lati più feribili.
Fino a percepirci accorti, resistenti ed affidabili, quindi ben lieti di essere responsabili di noi stessi.
E la fiducia in noi si amplierà parallelamente.
Forse quando ci fidiamo delle nostre capacità e sappiamo proteggere le nostre fragilità, possiamo farci carico più facilmente di compiti, oneri, scelte verso il meglio possibile per noi e per chi circonda.
“Può darsi non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non farete nulla per cambiarla”
M.L. King