Ieri, per San Valentino, Netflix ha pubblicato “A star is born”, film del 2018 di Bradley Cooper.
Se non l’hai visto e hai intenzione di vederlo, non continuare a leggere, ti rovinerei il finale.
Ho pensato che un po’ di romanticismo ci sarebbe stato bene, considerando l’isolamento forzato, così mi sono predisposta alla visione.
Considerando la scelta di renderlo disponibile sulla piattaforma proprio nel giorno degli innamorati e il successo che ebbe due anni fa, ero ben contenta di gustarmi una bella storia.
Invece no.
Ora, non è che voglia parlare di quello che trovo non funzionare in questo film: il mio mestiere non è fare il critico cinematografico e questo non è certo lo spazio dove esprimere opinioni personali in merito.
Quello su cui voglio soffermarmi è la relazione tra i due protagonisti. Lui è una super star, alcolizzata. Lei una ragazza piena di talento. Lui le fa da pigmalione, crede in lei e la porta al successo. Ma beve, beve tanto. Fino a che si fa ricoverare per disintossicarsi. Quando esce, il suo manager lo convince di essere la rovina di lei, che è troppo innamorata per lasciarlo. E lui si toglie la vita.
Un esempio di amore esaltante ma rovinoso.
Come Romeo e Giulietta, considerati i due innamorati per eccellenza, che non se la sono passata meglio: devo ricordarvi come finisce la loro triste storia?
Perché troviamo così affascinanti gli amori tragici? A tal punto che, tra migliaia di film, Netflix sceglie proprio questo per San Valentino?
Credo che ci siano due motivi: il primo è che se uno dei due, o entrambi gli amanti, perdono la vita nel pieno di un amore fiorente, lo rendono immortale.
Non ci sarà l’invecchiamento, non ci saranno le discussioni su chi porta all’asilo i bambini o cosa si cucina a cena. L’amore che si spezza per cause tragiche quando è ancora forte, passionale e acceso, resta, nel nostro immaginario, eterno.
L’altro motivo è che, forse per retaggio culturale, siamo un po’ abituati a pensare che amare voglia dire soffrire, e che senza una buona dose di pathos non sia “vero amore”.
E così passiamo anni in storie tira e molla, rifugiandoci in incontri clandestini, cercando di fermare il tempo sull’istantanea di quella famiglia del mulino bianco che ci hanno indotto a credere l’ideale da raggiungere e mantenere per sempre.
La vita è un’altra cosa e l’amore è imperfetto, perché noi siamo imperfetti.
Un pizzico di adrenalina ravviva la monotonia, ma troppa rende la relazione invivibile. Così come il mulino bianco dà tanta sicurezza, ma alla lunga anche una gran noia.
Come sempre mi accorgo che le vie di mezzo non sono quelle su cui vengono costruite storie da cinema!
Allora lasciamo che queste ultime ci emozionino e ci facciano sognare, poi però torniamo alla quotidianità con un orecchio in ascolto sulle nostre emozioni, perché una cosa è certa: l’amore, di base, fa stare bene. L’amore è nutrimento, non deprivazione. E’ arricchimento reciproco, non costrizione. E certamente non è tragedia.