Abitare, primi spunti di riflessione

Postato da on March 6, 2013 in a casa di Lori e Giò | 0 commenti

Abitare, primi spunti di riflessione

Abitare...abitare lo spazio…abitare il territorio…abitare la città…ampio è il concetto dell’abitare nel nostro immaginario, ma certamente quello con cui abbiamo a che fare quotidianamente è il concetto di abitare la casa. In campo psicologico si riconosce ormai alla casa il ruolo di immagine di se; essa spesso appare nei nostri sogni, ciò che accade “nella casa” avviene dentro di noi. Essa riproduce la più completa e antica manifestazione dell’anima e dei bisogni più profondi.

Questi concetti, nelle nostre città, nel corso dell’ultimo secolo sono stati spesso  dimenticati alla ricerca delle cosiddette soluzioni funzionali, che hanno incasellato gli uomini entro cellule inserite in contenitori identici. Purtroppo l’attuale architettura razionale ha rimosso molti degli elementi simbolici riducendo l’abitare al numero dei vani e a costi di costruzione controllati.

Abitare vuol dire etimologicamente “essere riparati”, ma anche vivere ed esistere, rappresentare nella propria casa un modo di essere e di intendere il mondo. Abitare, quindi, rappresenta un bisogno primario dell’umanità. 

Attualmente nelle nostre città, è diventato un bisogno difficile da soddisfare a causa degli alti costi di gestione dovuti a tasse come l’IMU, al  venir meno del  supporto dalle banche in sia in fase di acquisto che nella richiesta di finanziamenti per la manutenzione del patrimonio edilizio esistente.

Molte delle nostre abitazioni sono state costruite negli anni  ’70  e  spesso hanno problematiche dovute alle condense e alle  enormi dispersioni di energia.

In quel periodo si è costruito molto spesso tenendo conto solo dei fattori economici che portavano profitto immediati,  si  utilizzavano intonaci a basso spessore  e di scarsa qualità, isolanti di origine chimica che nel tempo si sono rivelati poco efficaci, vernici esterne di tipo “plastico” e primi infissi in metallo. Tutto ciò ha contribuito a far si che “l’organismo edificio” non respirasse più, “non traspirasse” più; le abitazioni sono diventate strutture impermeabili al vapore per cui le pareti sono state attaccate da un gran numero di muffe.  vi era, inoltre, un approccio superficiale alla problematica dell’isolamento termico.

Negli anni ‘80 poi, si è diffusa l’idea secondo la quale fosse più economico utilizzare la caldaia autonoma piuttosto che quella centralizzata perché questo avrebbe garantito maggiore indipendenza e libertà rispetto alle  necessità individuali, ma purtroppo ciò si è rivelato errato e ha portato ad maggiore spesa per il riscaldamento.

Sono state proprio le prime difficoltà economiche in campo energetico a fare in modo che si aprisse un  dibattito che in sede legislativa, tale dibattito ha portato alla legge 10 del 1991.

Il primo Piano Energetico Nazionale è nato infatti per la volontà di fornire indicazioni  sull’utilizzo e il risparmio di tutti i tipi di energia, da quella termica a quella elettrica. L’obiettivo era di limitare le dispersioni di gas e sostanze inquinanti nell’ atmosfera e di calore verso l’esterno,  minimizzando l’impatto delle attività umane sull’ambiente naturale. Lo scopo è quindi  la ricerca di energia più pulita tra quelle che vengono definite “rinnovabili” e di limitare i consumi.

Da allora, almeno sotto il profilo legislativo, le cose sono migliorate, è nata la certificazione di classificazione energetica, un’analisi tecnica che ci informa su quanto consuma la nostra abitazione e che oggi, per legge, deve essere allegata a tutti i contratti di compravendita.

Ciò sta innegabilmente portando vantaggi per quanto riguarda le  nuove costruzioni, ma restano i problemi sulla nostra vecchia casa, quindi possiamo per esempio decidere se continuare a spendere sempre molto per riscaldamento, condizionamento ed elettricità o fare qualche investimento mirato che serva ad alleggerire la spesa quotidiana.

Da dove cominciamo?

Per prima cosa potremmo dotarci di una caldaia per il riscaldamento più efficiente. Se abbiamo una utenza singola, le caldaie di ultima generazione, del tipo a condensazione hanno un migliore rendimento ed una temperatura dei fumi di uscita più bassa, inquinano di meno e il funzionamento è ancora  migliore se  il riscaldamento è a pavimento.

Nei condomini sarebbe più economico tornare alla caldaia centralizzata. Può garantire maggiore sicurezza, e facilità di manutenzione, minore potenzialità termica. Se abbinata a contabilizzatori di calore  potremmo scegliere autonomamente, in ogni abitazione, come e quando riscaldarci.

Se si ha a disposizione una superficie, anche piccola, di tetto si può scegliere  il “solare termico”, e cioè un sistema per cui, sfruttando i raggi solari, possiamo riscaldare l’acqua, sia per l’uso domestico che per l’impianto termico. L’energia termica che se ne ricava, sotto forma di acqua calda,  ha il vantaggio di poter essere accumulata in appositi serbatoi coibentati per essere utilizzata nel momento del bisogno.

Più complessa, oltre che più costosa, è l’ installazione del “solare fotovoltaico”, che richiede ampie superfici di tetto. In questo caso l’energia prodotta non è accumulabile e quindi  non può essere utilizzata direttamente per la propria utenza, ma deve essere re-immessa in rete ricevendo in cambio un reso denominato “conto energia”.

Poi gli infissi. Teniamo presente che la sostituzione degli infissi esterni, utilizzando profilati di alluminio a taglio termico di un certo spessore e vetri del tipo basso-emissivi, può far salire il rendimento energetico di una classe.

Abbiamo appena cominciato, ma torneremo sull’argomento per darvi altri spunti di riflessione, per ora ricordiamo solo che l’energia più “pulita” di cui possiamo disporre è sempre quella che non viene consumata.



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