Accetti-AMO-ci: trasformo solo quando accetto

Postato da on February 17, 2014 in nutrirsi consapevolmente | 2 commenti

Accetti-AMO-ci: trasformo solo quando accetto

Si parla spesso di “cambiare” noi stessi. Nell’approccio Media-Comunicativo si fa riferimento alla “trasformazione” più che al “cambiamento” , volendo sottolineare che non è auspicabile diventare “altro da sé” ma è possibile, invece, nell’ottica dell’evoluzione di noi stessi, poter ampliare il nostro modo di essere integrando energie più estranee  e modulando quelle più note. Una sorta di ricerca dell’armonia nel nostro “pentagramma interiore”.

Affinchè la trasformazione possa avere speranza di riuscita è fondamentale un passaggio: accettare il nostro personalissimo punto di partenza. Sarebbe alquanto forviante “costruire” un  percorso credendo di partire da Parigi mentre in realtà ci troviamo a Roma. Due bellissime città, non c’è dubbio, ma se puntiamo la meta su Firenze il tragitto cambia…

E così anche quando trasformiamo la materia in cucina. Affinchè la ricetta che ho in mente riesca, è assolutamente fondamentale che conosca la materia prima. La conoscenza passa attraverso lo studio ma anche tramite l’esperienza diretta. Oggi, per esempio, ho fatto la ricetta con le patate a pasta viola consigliate anche per la preparazione degli gnocchi. Ebbene non solo la pasta è uscita rosa (e non viola…) ma ho notato che per il mio gusto personale la consistenza di questo specifico tipo di patata non è adatta allo gnocco. La ricetta è molto buona ma non era come l’avevo immaginata. Ora so che per soddisfare i miei gusti personali devo aggiungere altro a quella amata patata, un qualcosa che la faccia rapprendere. Ora, secondo voi, ha senso che me la prenda con la patata perché è se stessa? E cioè una patata a consistenza molle? No di certo! E allora perché ogni giorno la maggior parte delle persone vuole essere una cosa diversa da sé? Perché investiamo la maggior parte delle energie a “non vederci” veramente?

Possiamo iniziare a “guardarci” con autenticità  solo quando accettiamo le nostre caratteristiche e da lì ci realizziamo ogni giorno di più. Io intendo la realizzazione come un percorso in divenire nel quale cerchiamo di migliorare costantemente la “materia prima” (noi stessi) con l’intenzione di valorizzarla ( e non di snaturarla)!

“Accettare non significa esserne soddisfatti; significa ammettere, riconoscere, in modo da poter far fronte ai problemi o alla situazione. […] Se potessimo soltanto accettare che tutti gli esseri umani hanno qualità da sviluppare e punti deboli da superare, sarebbe più facile accettarci per come siamo. Nella nostra interpretazione delle cose, però, essere amati equivale ad essere perfetti.” 1. E così ci perdiamo di vista, proiettiamo sugli altri questioni che riguardano noi stessi. Imparare ad accettarsi non equivale  però al motto:” che ci vuoi fare, io sono fatto così!”. E no! Questa indulgenza ad oltranza non è alleata della trasformazione. “Ti puoi permettere di essere tutto ciò che sei; ciononostante, se ti rendi conto che un tuo atteggiamento o un tuo comportamento ti costa in termini di felicità e di relazioni con gli altri, starà a te chiederti da dove venga, che cosa voglia dire e interpretare un processo trasformativo che ti dia un risultato favorevole”..” 2. Questo approccio alla vita avrà conseguenze anche rispetto a come ci poniamo con l’altro. Se riusciamo ad accettare noi stessi ci rimarrà più facile accettare gli altri ed instaurare relazioni autentiche basate su una scelta consapevole e non su quello che vorremmo l’altro fosse!

Un passo in più. Quando iniziamo a fare un percorso interiore e ad approfondire la nostra storia e ciò che ci ha ferito, insomma quello che pensiamo potesse andare diversamente, c’è il rischio di “attaccarci” a quanto scoperto e di passare parte della vita a rimproverare chi ci ha accudito male o ci avrebbe potuto accudire meglio ecc. ecc.. Questo è un altro modo per non andare avanti, è un’ulteriore strategia per non prendersi la responsabilità di migliorarsi in base a ciò che sentiamo sia il nostro “bene”. A volte i nostri “genitori interiori” diventano molto più massacranti di quelli che abbiamo avuto nella realtà. Ma se sono energie che prima di tutto vivono dentro di noi allora è possibile poterle anche trasformare. Bene, FACCIAMOLO! Questa sì che sarà una fatica per cui vale la pena di vivere! Un nuovo modo di procedere nella vita potrebbe essere quello di ricercare la completezza (e non la perfezione), come diceva Jung…

 

ESERCIZIO:

Mettiti davanti allo specchio ed osservati. Semplicemente osservati e se arrivano giudizi, lasciali andare.

Scrivi su un foglio almeno 5 caratteristiche di ciò che hai visto stando attento ad evitare giudizi.

Stai con questa lista. Cosa provi leggendo il contenuto?

Se ci sono aspetti che vorresti migliorare scrivi quali sono e come puoi praticamente realizzare il miglioramento.

Buon lavoro :-)

 



facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedin
facebookrssyoutube

Note:

  1. Claudia Rainville, Nati per essere felici, non per soffrire,  Edizioni Amrita, 2005, pp.166.
  2. Claudia Rainville, Nati per essere felici, non per soffrire,  Edizioni Amrita, 2005, pp.167-168.

2 Commenti

  1. riuscire a guardarsi significa uscire dalla zona di comfort e smettere di essere auto indulgenti, smettere di raccontarci bugie e uscire allo scoperto, ma come diceva qualcuno Gli occhi che piangono di più sono anche quelli che vedono meglio.

    • Cara Giulia, grazie per il tuo intervento. Certamente l’accettazione, soprattutto delle nostre parti di Ombra, richiede coraggio ed impegno costanti. Come avrebbe detto Jung, si tratta: ” di dire di sì a se stessi, di porsi dinanzi a se stessi come il compito più grave”. Buon viaggio dentro e fuori :-)

Lascia un Commento

Your email address will not be published. Required fields are marked *

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

stampa