“Come mi vorrei.” intervista al chirurgo plastico Paolo Santanchè

Postato da on April 17, 2014 in la finestra. Storie di belle realtà | 0 commenti

“Come mi vorrei.” intervista al chirurgo plastico Paolo Santanchè

“Allora Paolo, la chirurgia fa rima con armonia?” chiedo rivolta al famoso chirurgo plastico Paolo Santanchè.

“La chirurgia è uno strumento che permette un’armonia tra la propria immagine interiore e quella esteriore” – esordisce il noto chirurgo.

“Ci si avvicina a essa perché non ci si riconosce più nel proprio corpo o nel proprio viso. Sono pochi i pazienti che arrivano da me con pretese stravaganti, la maggior parte delle volte, dicono semplicemente: – Mi guardo allo specchio e vedo un’altra persona! Totalmente differente da quella che avverto dentro.”

“Questo però – interrompo – rivela una tendenza a non sapersi accettare o a rifiutare i cambiamenti”.

“Dio, dammi la forza di cambiare ciò che posso cambiare e di accettare ciò che non posso cambiare!” – la risposta arriva immediata e divertita.

“Chi ha detto che si debba accettare un naso aquilino, un mento sfuggente o qualche altra cosa che non piace?”. “Quando evidenziamo dei difetti, per esempio caratteriali, dalla timidezza all’arroganza, dalla superficialità alla pignoleria, abbiamo il dovere di lavorare su di noi per migliorarci.” “Perché quindi, non fare lo stesso con il nostro corpo?”

“Willy Pasini sostiene – continua il dottor Santanchè – che dopo tre o cinque anni di terapia con lui, un paziente impara ad accettarsi; con la chirurgia, risolve il suo problema in breve tempo, elimina la spina nel fianco e può, volendo,  iniziare anche un percorso personale per un approccio diverso alla vita.”

“Quando i pazienti, dopo un’operazione, guardandosi allo specchio, esclamano: “Finalmente, questa è la mia faccia!”, so di aver compreso ciò che desideravano vedere e di aver risolto un problema, in molto meno tempo.

Cambiare ciò che posso” – ripeto- indubbiamente vale sempre ed in ogni campo. E se dopo l’operazione, l’esito fosse diverso da quello sperato?” insisto.

“Ognuno – continua il dottor Santanchè- ha una visione di sé che è solo sua, il nostro cervello non è obiettivo, è come uno specchio deformante che attenua parte delle caratteristiche e ne esalta altre, in modo totalmente differente da ciò che gli altri notano.”

“Il compito del chirurgo, allora, è mediare tra l’immagine deformata dello specchio della mente e quello che il paziente sente dentro.”“Il fisico, infatti, ha bisogno di migliaia di anni per adeguarsi ai cambiamenti che la mente è in grado di apprendere velocemente.”

“Pensa a una donna di cinquant’anni oggi: è nel pieno del suo successo professionale, della sua vita sociale e di relazione. Non si sente vecchia ma il suo viso, al contrario, evidenzia l’età anagrafica.”

“Intravvedo il rischio dell’esagerazione o della corsa all’eterna giovinezza!” – rilevo con enfasi.

“Il ruolo del chirurgo è fondamentale nel saper indirizzare anche verso quelle che potrebbero essere priorità su una lista di desiderata”. Alle mie pazienti cerco di offrire il punto di vista maschile per creare un equilibrio con il loro, esclusivamente femminile.”

“La capacità più importante per un chirurgo estetico?”  chiedo – “Oltre la bravura tecnica ovviamente” .

Saper ascoltare, dedicare tempo per comprendere le attese, per discutere e spiegare, in modo che il paziente possa avere un’idea chiara di ciò che accadrà e del risultato e possa esclamare, a operazione conclusa “questo è proprio il mio viso”!

Se Dorian Gray  fosse andato da un chirurgo…



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