La cucina della nonna

Postato da on June 5, 2014 in nutrirsi consapevolmente | 0 commenti

La cucina della nonna

Cos’è la cucina della nonna? Quanto valore ha per ognuno di noi?

Già in un altro articolo avevo fatto riferimento alla mia cara nonna e a quanto i ricordi culinari legati a lei mi cullassero il cuore. Proseguendo in questa direzione volevo approfondire il discorso su quanto oggi possa avere spazio e valore la cucina legata alla nonna o a chi, quando eravamo piccoli, ci è stato vicino. Se ci penso mi viene in mente che si fa riferimento ad un periodo passato, alle ricette tradizionali di una volta. Quello che ricordo è che il numero di ricette era abbastanza contenuto, non c’era una frenesia nel cercare innovazione e moltitudine, insomma c’erano dei punti fermi anche in tavola. Ricordo che mia nonna aveva dei “cavalli di battaglia” assolutamente vincenti: il timballo all’abruzzese, cioè quello dove c’erano le polpettine di carne per intenderci, i ravioli ripieni di ricotta e spinaci, gli gnocchi al sugo di “papera”, la pasta alla chitarra, le sagne e fagioli, il latte e caffè con il pane raffermo, le pizzelle e lo zabaione…per tirarci su 😉 Oggi, da adulta, alcuni di questi cibi non li mangio più o ne ho ridotto il consumo per scelte alimentari maturate nel tempo, ma onoro la cura e l’amore con cui mia nonna li preparava e mi cullo nella sensazione epidermica di appartenenza che mi evoca ognuno di questi piatti. Solo ora , scrivendo, mi rendo conto di quanto i miei ricordi culinari siano legati ai cereali… d’altro canto mia nonna era figlia di un mugnaio e con la farina ci è cresciuta e ci si è letteralmente sfamata in tempi di guerra. Penso che questo vissuto in qualche modo si insinui nel DNA, nel mio sicuramente e, nel bene e nel male, è diventato parte di me. In qualche modo le vecchie ricette evocano dentro di me benessere e tranquillità, una sorta di saggezza delle mani, quelle stesse mani rugose e con un po’ di artrite che ricordo maneggiare sapientemente la farina trasformando in un processo alchemico gli ingredienti in un vero e proprio piatto succulento. Mai come in questo caso il tutto (il risultato) è più della somma delle parti. Pensate che sarebbe la stessa cosa preparare e mangiare un piatto seguendo pedissequamente una ricetta senza mettervi amore, dedizione e ricordo? Per me no.

E’ strano come ciò che ci caratterizza o ciò da cui deriviamo possa rappresentare il tesoro o la maledizione. Mi spiego. Mi ha sorpreso scoprire da adulta quanto sia legata alle mie origini (la farina) e quanto questo legame, allo stesso tempo, possa rappresentare una prigione o, se meno impressionante, un limite (il mio affannato/affamato consumo istintivo di carboidrati). Allora è una cosa “buona” o una cosa “cattiva”? Né l’uno né l’altro. Ad oggi per me rappresenta una “bilancia” che indica il mio punto di partenza, ciò che mi contraddistingue e che, se sapientemente governato, mi dà la possibilità di scegliere in libertà e salute ciò che mi fa bene e ciò che non mi fa più bene. Naturalmente non sto parlando solo di cibo, intendo  la molteplicità delle situazioni che noi connotiamo come “naturali”, “nostre da sempre” ma che a volte si rivelano una gabbia. Oggi sento quanto per me sia importante e gratificante maneggiare la farina, ma so anche che non è l’unico ingrediente di cui posso nutrirmi perché quando ha avuto l’esclusiva ne ho fatto indigestione. E poiché voglio onorare la farina, e mia nonna e le mie origini, decido di trasformarle in un tesoro e si sa, i tesori, non vanno sciupati né presi per scontati, ma attentamente sorvegliati, nutriti e amati.

Nell’articolo sulle ricette propongo una lasagna con pane carasau alla salsa pizzaiola. E’ una mia ricetta che l’intuizione mi ha regalato trovando una mediazione tra il supertimballo della nonna e il ricordo di una pizzaiola.

Che ne pensate? Quali sono i vostri piatti della nonna? Come li utilizzeresti oggi?

Buon lavoro!

 

 

 



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