Rinascere di respons-abilità (prima puntata…)

Postato da on March 30, 2013 in nutrirsi consapevolmente | 4 commenti

Rinascere di respons-abilità (prima puntata…)

Il periodo di Pasqua, al di là del significato e della pratica strettamente religioso-cristiani, può rappresentare un momento importante di riflessione, una “tappa” dell’anno che riposiziona più che mai l’attenzione sul “risorgere” o, in altri termini, sul ri-nascere.

L’opportunità di rinascere potrebbe sembrare una possibilità “difficile” da concepire e da praticare poiché avrebbe come presupposto la considerazione che tutto ciò che vive è sottoposto ad una trasformazione e che in questo processo ognuno di noi è protagonista, in un modo o nell’altro. …”in un modo o nell’altro”, appunto, è la questione che può fare la differenza. Questi ultimi anni per me sono stati particolarmente intensi, mi sono arresa all’evidenza che il “mondo” che mi ero costruita nella mente poteva essere una delle migliaia di possibilità da realizzare nella vita (e non l’unica) e seppur questo mi ha regalato sempre una risorsa, ogni volta che entra in crisi un vecchio schema, emerge la tentazione del mantenimento dello stesso perché rassicurante, conosciuto, controllabile. Pura illusione…o peggio a volte si fa finta di trasformare ed invece abbiamo trovato solo un’altra “forma” allo stesso schema!  Allora cosa può fare la differenza? Qual è tra le innumerevoli possibilità il minimo comune denominatore? SIAMO NOI. Ma con il tempo si potrebbe riuscire a storpiare anche questo bellissimo concetto convincendosi che poiché noi siamo importanti e che magari siamo stati vittime delle nostre relazioni passate che hanno determinato la nostra vita ecc. ecc., allora l’unico modo è quello di diventare autonomi pensando di farlo rinnegando i legami, le relazioni, l’altro e illudendosi di aver acquisito autonomia perché “non si ha bisogno di nessuno”! Questa non è autonomia ma evitamento…Sapete qual è la questione?  La questione, che ci piaccia o no, è che la vita non è tranquillità nel senso di assenza di conflitto, al contrario, è l’occasione di sperimentare tanti aspetti e trovare creativamente la propria mediazione. Io che della tranquillità e della pace interiore ed esteriore ne faccio un motto di vita, nel senso che piuttosto che vivermi un conflitto, faccio finta di vivere, mi rendo sempre più conto che vivere con pienezza prevede innanzitutto il coraggio di accettare che la “pace” non è assenza di conflitto. In questo modo significherebbe negare l’essenza delle cose. Questa premessa per me è fondamentale affinchè si possa parlare di responsabilità e nei prossimi articoli capirete il perché…Nel frattempo mi farebbe piacere avere la vostra opinione augurandomi che ne possa nascere un conflitto-confronto 😉

“La vita non è aspettare che passi la tempesta, è imparare a ballare nella pioggia.” Roy H. Williams.



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4 Commenti

  1. “…l’unico modo è quello di diventare autonomi pensando di farlo rinnegando i legami, le relazioni, l’altro e illudendosi di aver acquisito autonomia perché “non si ha bisogno di nessuno”! …”
    Questa frase che riporto mi risuona molto. Quello che descrivi è stato il mio percorso, cercare di non avere bisogno di nessuno. A un certo punto della vita questa è stata la scelta che ho fatto, la mia promessa a me stessa. E’ stato un punto di rottura molto importante perché mi ha permesso di mettere le mie esigenze davanti a tutto. Alla fine non sono riuscita a fare a meno degli altri, ma ho incontrato persone che mi hanno insegnato strade nuove, nuove mentalità, nuovi modi di concepire la quotidianità. Almeno erano nuovi PER ME. Per esempio il fatto che non è prepotenza o egoismo soddisfare le proprie esigenze anche se/quando non combaciano con le esigenze/aspettative altrui. Che va bene a volte “adattarsi” ma che lo si ha senso farlo solo quando il piacere di percepire la gioia dell’altro per quello che facciamo “per lui” o “con lui” è già di per sè un premio e una gioia anche per noi. In quel modo non è “adattarsi” ma è scegliere qualcosa di gioioso per noi stessi. Faccio un esempio concreto solo per farmi capire meglio. Il mio modo di “voler bene” spesso ha risvolti pratici e ben poco poetici: mi occupo della casa ad esempio, o di organizzare le cose. Quando sono “ispirata” queste attività non mi pesano, mi danno soddisfazione e inoltre sono apprezzate dal mio compagno che così non deve sforzarsi di pensarci lui e può rilassarsi od occuparsi di cose a lui più congeniali. Però devo stare attenta a non farlo “in automatico” quando sono stanca e ho bisogno che qualcuno si occupi di me. Lui a volte non se ne accorge se non glielo dico. Ma se glielo dico gli fa piacere “arrivare in soccorso” occupandosi lui delle cose o trovando soluzioni creative (ceniamo fuori?). Se non mi sforzo di “dover fare” ce la godiamo entrambi di più. Ultimamente ha cominciato a fare il pane in casa e per me è una super-coccola perché avere qualcuno che “mi prepara il pane” ha una valenza emotiva forte…. Ora mi piace lo scambio con gli altri e sto desiderando di riavvicinare alcuni familiari dai quali ero stata ferita ed ero “fuggita”. Vorrei poterli amare a mio modo senza sforzarmi di soddisfare per forza le loro aspettative e senza crearmi aspettative sul loro modo di amarmi… Speriamo di farcela 😉

    • Carissima Claro,
      due concetti mi hanno particolrmente colpito di quanto tu scrivi: automatismo e aspettative. L’automatismo mi fa pensare che i nostri bisogni e le nostre relazioni proprio per loro natura sono “variabili” diciamo così e che per questa loro caratteristica richiedono un ascolto continuo. Le aspettative, soprattutto dei familiari, fanno cadere sempre nelle solite trappole e dinamiche e sono una resistenza nel guardare la realtà per quella che è. Un genitore non cambia a 70 anni, mi dicevo questi giorni e ci sono aspetti che non possiamo aspettarci da loro, tanto più se non sono stati in grado, per quello che hanno potuto, di offrirceli in passato. Ed è qui che scatta la responsabilità individuale che richiede a noi stessi di integrare quella parte che ci aspettiamo perchè un ulteriore errore che spesso faccio è quello di rinunciare alle aspettative verso qualcuno, magari un genitore, e versarle su altri!!!!!!!!!!Con il medesimo risultato ovviamente!
      Bhè siamo nel percorso della vita, intanto una prima responsabilità da prendersi è non far finta di niente! Un abbraccio 😀

  2. Grazie per questo articolo, mi ci rispecchio tanto, io che dell’ autonomia ho fatto la mia bandiera e dell’ “evitamento” la tattica vincente per ogni battaglia…ma per onorare la guerra (e quindi la pace) occorre una strategia diversa, che preveda prima di tutto la possibilità di riconoscere il conflitto per poterlo trasformare. In questi giorni mi capita di ringraziare la vita per propinarmi delle circostanze molto diverse e un po’ scomode che hanno fatto alzare il volume a tutte quelle voci di dentro che si sentono castigate dai soliti schemi. Mi va di ascoltarle, ora, queste voci di dentro; mi va di non cedere alla tentazione delle scelte più rassicuranti; mi va di raccoglierla questa sfida e di provare a “trasformare” un po’…é una questione di responsabilità, hai ragione, aspetterò con ansia il prossimo articolo augurandomi, un passo alla volta, di arrivare lontano :) siamo almeno in due, no? two is megl’ che one !

    • Accorsi docet…mi sa che siamo più di “two”…;-)
      Nulla da aggiungere se non che mi fa molto piacere viaggiare insieme, in tutti i sensi! A presto Nica 😉

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