La città che cambia

Postato da on October 21, 2014 in a casa di Lori e Giò | 0 commenti

La città che cambia

Nei nostri articoli precedenti abbiamo più volte parlato delle sensazioni e delle emozioni che sentiamo muoversi dentro di noi quando attraversiamo una città, conosciuta o nuova che sia; a tale proposito ci ha colpito un filmato andato in onda qualche tempo fa sulla rete televisiva ‘La Sette’ in cui il famoso critico d’arte Vittorio Sgarbi mostrava le trasformazioni verificatasi sulla Riviera di Pescara.
Noi viviamo a Pescara e sappiamo bene quali sconvolgimenti ha subito quella parte della città nel tempo. Sino a non molti anni fa, sul fronte della nostra Riviera vi erano molti villini in stile liberty di buona qualità architettonica, rimanenze dello splendore che le città di Castellammare Adriatico ,e poi l’antica Pescara, in seguito riunite in un unico comune, avevano vissuto dalla fine dall’800, quando erano importantissimi centri di vacanze estive per l’alta borghesia europea. Oggi la maggior parte di quei villini sono scomparsi, sostituiti da edifici multipiano realizzati a partire dagli anni ’60 in poi che hanno creato uno skyline discontinuo e sgradevole che oltretutto limita la visione del mare, che dovrebbe invece costituire il maggior pregio della città.
Il filmato di ‘La Sette’  ha suscitato in noi amarezza perchè probabilmente non era necessario scomodare un personaggio come Sgarbi per esprimere qualcosa sentito da molti degli abitanti e ancor di più da chi fa il nostro mestiere.

Nessuna protezione è stata data nel tempo a quei pregevoli edifici e quindi a una importante parte della città. C’è stata solo speculazione. In nessun Piano Regolatore degli ultimi decenni si è posto il problema della salvaguardia della Riviera, e quei pochi che hanno provato ad avanzare proposte alternative sono stati resi impotenti da scelte urbanistiche alle quali era impossibile opporsi.
Ma le sensazioni che ci arrivano dal posare lo sguardo sulla città sono certamente influenzate anche dalle opere di arredo urbano. L’Italia è il Paese dell’Arte, possiede opere di immenso valore architettonico derivataci dal nostro passato, e ci si aspetterebbe di trovare anche in quest’epoca arredi urbani degni di tale tradizione, invece ci troviamo spesso a camminare su pavimentazioni realizzate con materiali che nulla hanno a che vedere con il luogo e con il clima, con scelte di essenze arboree non autoctone delle quali si ignorano gli effetti della crescita, con arredi e pali di illuminazione che lasciano spesso sconcertati. Per non parlare delle panchine che sembrano posizionate più per un obbligo alla ricerca formale che per logica. Tutto ciò è purtroppo il prodotto dell’abbandono dell’antica sapienza, di una cultura e di tradizioni dimenticate o ignorate.

Ma possiamo ripartire da qui, abbiamo i mezzi e le capacità per ridare dignità alle nostre città.L’Architettura può davvero cambiare l’aspetto delle città. Può portare bellezza e armonia, cultura.

Per una città come la nostra che già porta in se la grande fortuna di avere attrattive naturali importanti come il mare e la vicinanza con la montagna, ciò può essere anche un modo per attirare turismo e far ripartire l’economia.

Dobbiamo cominciare a ricordare chi siamo, senza arroganza ma con la chiara visione delle nostre potenzialità.

Possiamo partire da noi stessi, da quanto possiamo fare per noi e per gli altri. Il primo pensiero va all’identità del luogo con cui possiamo misurarci e da cui trarre ispirazione. Entriamo in contatto con i materiali, ascoltiamo le sensazioni che ci suscitano, tocchiamoli, sentiamoli, accostiamoci ai colori e alle tradizioni della nostra terra. Rispettiamo il contesto, inseriamoci con discrezione e delicatezza. Per essere creativi non abbiamo bisogno di effetti speciali, ma certamente quel che serve è umiltà e una buona dose di sensibilità.

La città è l’immagine dei propri abitanti: tutti possiamo contribuire a ridare dignità alle nostre città; a partire da chi la abita e la vive che può richiedere maggiore attenzione verso la bellezza e l’armonia  a chi governa e ai tecnici che progettano.

Il filmato della rete televisiva ‘La Sette’

 

 



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