La guerra dei sessi è l’unica in cui i nemici dormono regolarmente insieme.
Come viviamo oggi il nostro rapporto con l’altro sesso? Molte barriere sono cadute, c’è maggiore comunicazione e interscambio ma i contrasti paiono essere aumentati o forse solo più apertamente manifesti. La relazione tra uomo e donna è uno di quegli argomenti su cui si potrebbe discutere per ore, ma nel nostro ultimo incontro del Café Philò, abbiamo scelto di approfondirne l’aspetto conflittuale, a volte sottile, altre più palese, che nell’accezione più moderna ha preso i connotati di una vera lotta di potere. Come trasformare gli elementi di diversità e conflitto in integrazione ed alleanza?
Siamo partiti da alcune considerazioni dal punto di vista femminile:
“Se ci poniamo nei confronti della società in cui viviamo come osservatrici, ci accorgiamo velocemente che la relazione tra donna e potere attualmente è poco sana. Nell’illusione di aver trovato una nuova identità, noi donne abbiamo emulato l’uomo nei suoi aspetti critici. Pur di conquistare un ruolo, rinunciamo a esprimere ciò che di femminile è in noi e che invece costituisce la nostra naturale potenza. Essere donne di potere non vuol dire diventare la brutta copia del maschile, ma riacquistare consapevolezza delle nostre risorse e del nostro specifico valore, fare della diversità dall’uomo una ricchezza di cui giovano tutti, liberarci dai condizionamenti culturali per essere sempre più coerenti, sempre più noi stesse.” [1]
E dal punto di vista maschile:
Frequentemente sentiamo parlare del ruolo della donna nella società, del tribolato percorso per affermare il diritto a pari opportunità, mentre assai più raro è interrogarsi sul come possa sentirsi l’uomo del nostro tempo, che vive continue novità e che si confronta con una compagna di vita in costante trasformazione. In 6000 anni di patriarcato, non è occorso parlare di ruoli, poiché attraverso l’educazione ricevuta in famiglia e in seno alla collettività lui sapeva benissimo cosa doveva e non poteva essere. Doveva essere razionale, forte, controllato, non poteva esprimere la parte emozionale e vulnerabile” [2].
A partire dalla profonda verità di quest’analisi, sono anche emerse percezioni ed esperienze diverse soprattutto in merito alla generazione di appartenenza. I più giovani, in particolar modo, raccontano un mondo a più facce dove trovano posto sia gli equilibri più tradizionali, sia quelli in transizione, che quelli completamente ribaltati; il senso di disorientamento è anche accompagnato dalla sensazione di avere nuove possibilità e maggiore libertà di essere se stessi anche se spesso non si sa come fare. Gli uomini più adulti invece, esprimono la fatica del passaggio da un modello di riferimento – che con molta onestà riconoscono come imperfetto e riduttivo, anche se comodo – ad una realtà incalzante e dai toni poco accomodanti. Le donne d’altro canto, lamentano una rivoluzione lontana dall’essere compiuta, che ha avuto come effetto boomerang l’aumento del contraddittorio e l’inasprimento delle relazioni, sia personali che professionali.
Allora cosa pensare? Che si stava meglio quando si stava peggio? Il senso di stabilità che nostalgicamente leghiamo al passato, in realtà era il frutto di un equilibrio forzato basato su ruoli chiari e ben definiti, al di là del prezzo che quest’ordine di cose richiedeva. Con il passare del tempo, il crescente benessere materiale ha lasciato spazio a bisogni più esistenziali e portato all’emersione di dubbi e interrogativi sul senso delle cose, che hanno messo in crisi i paradigmi fino ad allora conosciuti e gli equilibri di un tempo. Il percorso accidentato verso la ricerca della felicità ha finito per intorpidire le chiare acque della tradizione e ridisegnare i confini tra il mondo degli uomini e quello delle donne.
Sembra che il conflitto nasca da una sorta di invidia reciproca, da un comune desiderio mal gestito: godere del potere dell’altro e dei suoi privilegi. Le donne reclamano il diritto alla realizzazione di sé, al di fuori dello spazio figlia-moglie-madre, e l’indipendenza sociale ed economica; gli uomini rivendicano il diritto alla sensibilità, alle emozioni e alla vulnerabilità senza che la propria mascolinità ne venga svilita. Come spesso accade la soluzione è omeopatica: il ‘problema’, a piccole dosi, contiene la soluzione. Se la relazione con l’altro sesso è conflittuale, non è a causa della diversità, che al contrario contiene ciò che stiamo cercando, ma delle nostre aspettative, dei pregiudizi e del modo di comunicare: sarebbe tragico rinunciarvi a causa delle difficoltà o dei fallimenti pregressi. E’ piuttosto questione di modalità: perché sgomitare o competere per qualcosa che si può condividere senza sentirsi impoveriti? Perché rifugiarsi nel silenzio pensando che l’altro dovrebbe capire (o al contrario che non potrà mai capire) o andare in guerra al grido di: “io voglio quello che hai tu”? Ora è il tempo dell’accettazione e del dialogo per potersi dire semplicemente: ”voglio dirti quello che desidero” e scoprire che nella poltrona c’è posto per due.
Prima di arrivare a questo è necessario guarire dalla rabbia, particolarmente esposta nelle nuove generazioni, e curare la ferita che nasconde, di solito una mancanza o privazione. Perché le donne oggi sono percepite come particolarmente aggressive, e diversamente da come si potrebbe pensare, poco inclini al dialogo? Sara dà una lettura profonda e illuminante: “ Io credo che dovremmo imparare a perdonare: il silenzio e la sottomissione delle nostre madri e il non-abbraccio dei nostri padri. Oggi c’è tanto risentimento verso i privilegi esclusivi e la prevaricazione del passato che finisce per riversarsi sui coetanei: “Guarda come si è comportato, io non voglio finire come mia madre”. E ancora: “la distanza dei padri ed il senso di mancanza d’affetto ha creato un eccessivo di bisogno di affettività” che viene continuamente richiesta e sembra non bastare mai. E’ come se la nuova generazione di donne stesse presentando il conto a quelli che non c’entrano: “è un retaggio pesantissimo ed è crollato; occorre fare pace e perdonare, ora abbiamo la capacità spirituale per farlo”.
D’altro canto anche l’uomo lamenta un senso di perdita: per la disponibilità incondizionata di chi era compagna-madre, “la depositaria delle sue confidenze, il suo sostegno e guida alla parte più profonda di sé” [2]. Oggi alcuni ne comprendono i motivi ed attingono alla propria parte femminile, ecco l’integrazione come risorsa, per comprendere e lasciare spazio. Tuttavia riconoscono il peso dei condizionamenti, ancora molto forti, ed ammettono quanto sia difficile rinunciare ai privilegi del modello patriarcale. Ciò li ha portati a comprendere che la rabbia nelle compagne e nelle figlie in realtà nasconde un disagio che gli uomini non sempre si sono sforzati di capire.
E’ sicuramente un momento difficile, perciò più vivo e aperto alla riflessione e al cambiamento. I vecchi assiomi della cultura patriarcale si sono rivelati imperfetti ma ancora molto radicati, la modernità ha spazzato modelli, confini e peculiarità di genere per far posto a nuove identità, tuttavia ancora poco chiare, perciò molto discusse. E’ tempo di ricostruire ed imparare dalle ferite del passato: dalle rivendicazioni all’ascolto, dalle aspettative all’accettazione, dagli stereotipi alle persone, dalla rabbia al perdono, dallo scontro all’alleanza. Come sempre è necessario ripartire da noi e guardare al nostro maschile e femminile interiori, per scoprire che ciò che pensavamo essere un’esclusiva peculiare dell’altro sesso, ci è sempre appartenuto a livello profondo. Uno specchio non può essere il nemico, piuttosto posso scorgervi un re che tende la mano alla sua regina.
[1] Viaggio nelle Energie del Femminile, Zuleika Fusco, Om Edizioni 2008
[2] Viaggio nelle Energie del Maschile, Zuleika Fusco, Xenia Edizioni, 2012