Amore, dubbi e dolore. Come comportarsi?

L’amore è un terreno minato per noi piccoli esseri umani. È un sentimento talmente nobile e sottile, talmente avvolgente e coinvolgente, da tenerci inebetiti, sorpresi, vivi, entusiasti, ma spesso anche sofferenti. In primis l’amore travolge la struttura del nostro corpo, perchè quando amiamo siamo fisiologicamente rinnovati e le endorfine salgono, comunicando al mondo tutta la nostra meraviglia di esistere, di essere. Ma nella semplicità dell’amore, fatta di potenza, non sappiamo stare, poichè la mente razionale, sentendosi privata di punti fermi e di abitudini consolanti, entra in crisi, diventando terreno fertile per dubbi e insicurezze .

Quando amiamo difatti la poesia sgorga dal cuore, ci scopriamo romantici e sognatori, delicati e passionali nello stesso tempo, ma il senso di precarietà che avvertiamo aumenta, direttamente proporzionale alla paura di perdere la persona amata, di essere abbandonati…  L’insicurezza ci fa smarrire la lucidità, offusca la limpidezza del nostro sentire e l’autostima scende, amplificando quel senso di inadeguatezza che tutti sperimentiamo in alcuni momenti della vita. L’amore, quell’energia pura e travolgente, si accompagna allora al dolore. Un dolore che può essere causato da fatti, ma che spesso è una condizione interiore e originaria, legata alla ferita che ha strutturato la nostra personalità da bambini e che condiziona ogni nostra relazione, riproducendosi inconsciamente, per darci la possibilità di essere risolta, accudita e cicatrizzata.

Chiediamoci allora cosa possiamo fare quando questo stato di vulnerabilità ci assale e la sofferenza prevale sul resto della nostra vita, facendoci perdere di vista le Bellezza e la grande possibilità di crescita personale che l’amore in sé ci concede a prescindere dalla persona amata.

Innanzitutto non rifiutare l’emozione che proviamo. Il dolore va riconosciuto e accettato, perchè lo si possa trasformare. Fuggire da una propria condizione interiore, non la risolve né la attenua. Piuttosto la tramuta in una voce che urla nel silenzio, in un urlo strozzato e continuo. Perchè si possa lavorare sulla propria sofferenza, bisogna guardarne la dignità e renderle rispetto, sapendo che ha un senso, anche se non ci appare immediatamente chiaro. Già solo pensare che, quando siamo scomodi, ci spostiamo dalle zone di confort e ci attiviamo per trovare nuove forme di agio, ci evidenzia una risorsa. Il dolore ha la funzione di sottolineare una difficoltà cui far fronte, per renderci protagonisti di un passaggio e farci crescere nell’auto-conoscenza come nell’autonomia. Ci ricolloca al centro della nostra vita, regalandoci l’opportunità di risolverci, piuttosto che di compatirci. In altri termini ci sveglia dal torpore in cui spesso ci infiliamo.

Il secondo passo è quello di non pensarci gli unici in uno stato di precarietà. Spesso infatti ci identifichiamo nella parte debole della relazione, diventando egocentrici in senso vittimistico. Cominciamo a credere che l’altro sia quello forte e sicuro, forse egoista ma certo dei suoi passaggi. In realtà, molte volte è in difficoltà quanto noi, nel difficile tentativo di gestire le sue emozioni, ed è lo specchio della nostra vulnerabilità. Nessuna certezza è incrollabile. Non esiste essere umano che non si metta in discussione e soprattutto non esiste sentimento che finisce, che muta, in un istante. Tutto è il prodotto di un processo e la parte bambina che vive in noi, con i suoi timori e il suo bisogno di amore, vive anche nel prossimo.

Dovremmo poi evitare di cedere all’insinuante senso di deprivazione che il dolore ci induce. Quando soffriamo, tendiamo a intorpidirci e a rinunciare al Bello, mentre sarebbe costruttivo ripeterci che il dolore è una parte di noi e non noi. Non ci rappresenta nella totalità. Pertanto potremmo scegliere di ancorarci a ciò che ci nutre sanamente e circondarci di chi ci fa piacere. L’antidoto al male di vivere è infatti l’entusiasmo, parola che dall’etimologia greca significa ‘il dio dentro’. L’entusiasmo è in altri termini il nostro lasciarci possedere da quel senso del divino che ci rende sanamente euforici, donandoci qualche goccia di follia e la capacità di bere al calice dell’esistenza, apprezzandone il sapore. Quando siamo entusiasti, sappiamo cogliere la bellezza delle piccole cose, ma soprattutto facciamo esercizio di apertura. Manteniamo attivo quello scambio tra dentro e fuori, che può stimolarci e rinnovarci.

Confrontarsi con gli altri e stare in relazione ha sempre la funzione di relativizzare una percezione autoreferenziale. In altri termini, quando badiamo solo al nostro vissuto interiore, alteriamo la realtà, ingigantendo o trasformando il percepito. Ci convinciamo dell’assoluta verità del pensiero che abbiamo strutturato e viviamo in una dimensione tutta nostra, alimentata dalla paura più che dall’intuito. Guardare all’esterno diventa allora fondamentale per acquisire nuovi parametri e rimetterci in discussione. Spesso modifica il nostro punto di vista e amplia la prospettiva, spesso introduce informazioni nuove e ricalibra le nostre strategie.

L’ulteriore carezza che potremmo rivolgerci è sostentarci con un pensiero edificante da coltivare in noi con cura.  Amore non è l’amore per una persona, che ingenera soggettività e timori. Amore è uno stato dell’essere, che parte dal rispetto di noi stessi e ci connette al creato, in uno scambio a volte complesso ma sempre con finalità evolutive. Amare quindi è sempre un privilegio, perchè ci spinge oltre la visione limitata dei nostri desideri o bisogni, e ci regala dignità e consapevolezza

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