Caro lettore, ti rivolgo una domanda abusata ma pur sempre fatidica.
‘Come mangi?’
Interessante infatti chiedersi che funzione abbia nella nostra vita il cibo. Mangiamo semplicemente per soddisfare la fame o sentiamo che per noi il cibo ha un valore più complesso?
Se ci riflettiamo un po’, scopriamo che dal momento in cui l’uomo trascende una dimensione esclusivamente materiale della sua natura e della sua esistenza , si appropria di una concezione metafisica della vita. Pertanto anche la relazione col cibo si trasforma, andando oltre il soddisfacimento di un bisogno primario, e acquista il senso dell’ offerta . Non è più solo un’esperienza di nutrizione ma anche di gusto.
Nasce allora il concetto di elaborazione. Si ricerca una dimensione più raffinata in cui la necessità non è solo sfamarsi ma diventa TRASFORMARE, ricavando da ciò un’esperienza di appagamento, di generosità e di piacere.
Nella storia dell’antica Roma tutto ciò è scandito da fatti precisi. La battaglia di Azio (31 a.C.) segnò l’avvio dei contatti commerciali con l’Egitto, e quindi con l’Oriente e l’Asia, così che iniziarono a giungere nella penisola italica prodotti nuovi e pregiati provenienti da ogni paese, quali ad esempio le spezie che, segnarono il passaggio emblematico dal cibo al sapore.
Se l’approccio al cibo per natura è basato sull’istinto della sua indispensabilità, in un percorso evolutivo l’essere umano sente pian piano affermarsi la volontà di Bello e Buono. Il Bello diventa necessario quando la persona non vive più nella sola preoccupazione di riempire la pancia. E lo sappiamo bene, se pensiamo a una frase che comunemente pronunciamo come ‘mangiare con gli occhi’…
Di fatto l’istinto puro non lascia spazio all’emozione e al sentire, poiché si occupa semplicemente di conservare, nella declinazione prima di mantenere integro il proprio vivere, poi di serbare il cibo per momenti in cui non ce ne sarà (estensione del primo bisogno in un’ottica lungimirante) .
Non a caso, dal momento in cui l’uomo ha cominciato a preoccuparsi di mettere da parte il cibo per periodi di scarsità, ha ideato tanti metodi coerenti alle risorse e all’ambiente per conservare alimenti, fare provviste, generando quelle che ancora oggi in cucina si chiamano ‘conserve’.
Mangiare diventa quindi un atto votivo, poiché induce alla riflessione che nulla è scontato, ma che è impossibile trattenere.
Quindi si annulla il convincimento di possedere. Il cibo non è nostro. È la concretizzazione di energie che abbiamo investito per ottenerlo e per trasformarlo, ma ci viene da altro. Dalla terra senza dubbio, e in un accezione laica dall’energia creatrice. Dio o dei, se entriamo in ambito religioso.
Nella cultura induista, in particolare braminica, l’offerta di cibo agli dei è fondamentale, ancor prima che quella ai poveri. Nel Vegetarismo che si pratica in nome dell’ Ahimsa, non-violenza intesa come rispetto assoluto del creato, l’offerta più significativa è quella del mattino. Si porgono Riso e ghee sull’altare domestico dedicato ad Agni, dio del fuoco, dopo la preghiera al sole e la cacciata dei demoni che imperversano durante la notte.
Ma l’idea più suggestiva è quella che muove gli Indù a miscelare con consapevolezza e garbo gli aromi. Secondo la tradizione infatti gli dei si nutrono dei profumi che salgono al cielo delle cucine umane.
Da qui la responsabilità di usare con competenza e amore le spezie, di cuocere con grazia, di far salire al cielo PROFUMI DEGNI DEGLI DEI.
Caro Lettore, se sei in risonanza con quanto hai letto, ti propongo un lavoro. Scegli di ringraziare ogni giorno il cibo di cui ti nutri e le energie che lo hanno prodotto. Scegli di gustarlo portando attenzione ai sensi e alle emozioni che ti genera. Scegli di offrilo consapevolmente al prossimo, preparandolo con amore, e sii grato, sii grato, sii grato.
Che ne pensi? Magari potrai approfittare di questo spazio per raccontare cosa genera in te apprezzare e restituire in parte ciò che hai ricevuto, per far circolare buone energie e generare una spirale nutriente
Carissima Zuleika,
il tuo articolo ispirato mi induce a riflettere ancora una volta su quanto sia importante il cibo e la sua metafora con il quotidiano. Spesso l’istinto ci porta a conservare ed accumulare, non solo cibo ma anche relazioni e dinamiche. Grazie per avermi ricordato l’importanza di gustare il cibo e di mostrare sempre gratitudine ..lo ricorderò ad ogni boccone, che sia cibo o esperienza di vita, affinchè possa riconoscere valore e preziosità a ciò che spesso diventa scontato. Grazie davvero.
carissima Marcella, grazie per le tue parole. Preparando e mangiando cibo con gratitudine e amore, ci nutriamo di amore e apriamo il cuore, appagando anche la nostra interiorità e restituendo alla vita la fiducia che merita. ti abbraccio con sentito gusto 🙂 <3