Non siamo soli (a pedalare) nell'universo

Tutto comincia, tecnicamente, una mattina della scorsa primavera. Per scoprire che un gruppo di blogger italiani che da tempo, in diverse forme, si dedica al tema della mobilità urbana in bicicletta, decide di andare oltre la tastiera e cominciare a dare al paese uno spunto, una sferzata per cambiare strada. Tecnicamente. Sì perchè prima ci sono anni di bici usata per spostarsi in città, con una scelta naturale dettata dal buon senso, da un’idea di contemporaneità, senza peraltro aver bisogno di dimostrare un bel niente. Una scelta naturale, appunto. Fra non poche difficoltà, però, per non dire reali pericoli, dato che in gran parte delle città italiane il ciclista urbano è visto come un fanatico, un ostacolo da superare. Se non da abbattere. Sulle nostre strade, fuori di metafora, negli ultimi dieci anni sono morti 2.556 ciclisti.

Nasce così  #salvaiciclisti: “Movimento popolare e spontaneo indipendente da partiti e associazioni che chiede alla politica interventi mirati per aumentare la sicurezza dei ciclisti sulle strade italiane” come si legge sul sito di riferimento. Prima ancora c’è la campagna del quotidiano inglese The Times che nel febbraio 2012, dopo un grave incidente in bici che coinvolge una sua giovane collaboratrice, lancia una campagna per aumentare la sicurezza nelle città inglesi, stilando un manifesto di otto punti sul tema. In Italia, in meno di una settimana, questi otto punti vengono convertiti in disegno di legge “sottoscritto da oltre 60 parlamentari di tutte le forze politiche (tranne la Lega) attualmente in fase di approvazione al Senato” come si legge sempre sul sito del movimento.

Parte un’altra campagna, rivolta ai sindaci italiani, attraverso il supporto di decine di gruppi locali che si compongono. Si chiama “Caro Sindaco” e “chiede l’implementazione a livello locale di 10 punti per favorire la ciclabilità e la sicurezza dei ciclisti nelle città Italiane”. Rispondono all’iniziativa, tra gli altri, i sindaci di Torino, Milano, Reggio Emilia, Bologna, Firenze, Roma, Ferrara, Napoli. Non si accettano adesioni formali e di facciata, ma per interventi reali. Entrambe le iniziative chiedono tra l’altro l’istituzione di “Zone 30” in ambito urbano, la costruzione di strutture per favorire la ciclabilità nelle città, il monitoraggio e ripensamento delle strade e degli incroci più pericolosi e, a livello locale, maggiore impegno per contrastare il fenomeno della sosta selvaggia.

Da Londra a Roma. Il 28 aprile scorso 50mila ciclisti urbani ridisegnano il paesaggio dei Fori Imperiali per un sit-in dedicato al tema, al grido di: “L’Italia cambia strada”. Manca ancora tantissimo perchè ciò avvenga, specie se confrontiamo la ciclabilità urbana in Italia a quella di gran parte delle città europee (a stare bassi, senza parlare di Oltreoceano ad esempio). Un paragone, si dirà, abusato, ripetitivo, ma questo è.

Intanto arriva la lettera del presidente del Consiglio Mario Monti che rivolgendosi al movimento scrive: “Come già fatto in Europa, finanziando diversi progetti legati alle piste ciclabili, anche in Italia è necessario riservare maggiore attenzione alla ‘mobilità leggera’. In questo senso il governo è impegnato a favorire politiche di mobilità sostenibile, anche con l’obiettivo di ridurre il tasso di incidenti stradali che coinvolgono i ciclisti”. Non si fa attendere la risposta, supportata da un mail bombing verso la casella di posta dello stesso Mario Monti. Parte la richiesta per una reale tutela di chi si reca al lavoro in bicicletta: l’Inail riconosce infatti l’eventuale infortunio solo se avvenuto su piste ciclabili o strade protette. Si legge sul sito dell’Inail: “Se il lavoratore decide liberamente di percorrere il tragitto in bicicletta su strade trafficate e solitamente congestionate da numerosi veicoli in transito, in questo caso è tendenzialmente escluso l’infortunio in itinere perché il lavoratore ha scelto consapevolmente di esporsi al rischio maggiore su strada, impiegando la bici”. E nasce la campagna Iniitinere – Nuove tutele per chi va al lavoro in bici.

Salvaicilisti non si ferma a Roma, torna alle tastiere, a Facebook, a Twitter, dove con costanza, passione e determinazione, senza fare sconti a nessuno, fa le pulci alle dichiarazioni altisonanti dei vari politici che si riempiono la bocca con iniziative volte a favorire la ciclabilità urbana, fermandosi spesso al comizio. Con #salvaiciclisti non si scappa: hanno la teoria, ma soprattutto la pratica sul sellino.

Nasce anche il Libero Ateneo del Ciclismo Urbano  per “lezioni mirate a diffondere le conoscenze di base della cultura del ciclismo urbano”.

Un altro colpo colpo di pedale arriva con gli Stati Generali della Bicicletta e della Mobilità Nuova promossi da #salvaiciclisti, FIAB, Legambiente e dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani. Arriva anche il messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “Nel nostro Paese – afferma il Quirinale – in particolare nei vasti agglomerati urbani, persistono ancora seri ostacoli, talora determinati dalla struttura urbanistica delle nostre città e dalle diverse specificità del territorio, che ci allontanano dagli standard europei per quanto riguarda la salvaguardia dell’ambiente, lo sviluppo di una mobilità sostenibile e la salvaguardia della sicurezza su strada”.

Dall’appuntamento degli scorsi 5 e 6 ottobre a Reggio Emilia nasce il Libro Rosso della Ciclabilità e della Mobilità nuova. Il colore scelto non ha connotazione politica. Onde evitare speculazioni facili, sport nazionale molto praticato, il movimento precisa: “E’ il colore del sangue lasciato sulle nostre strade, dell’allarme e dell’emergenza, della passione che vi è stata profusa, di una spia che si accende per testimoniare lo stato di arretratezza e la necessità di intervento immediato”.

E quindi? Quindi, ora che è tempo di stravolgimenti, di rinnovo di amministrazioni, tocca ai politici, ai quali sono stati dati tutti gli strumenti per operare da parte di chi, utile ribadirlo, sa che vuol dire attraversare la città in bici, stretto fra autobus, furgoni, macchine, svolte improvvise, doppie file e via dicendo. Vista la sfiducia imperate nei confronti della classe politica italiana, sembrerebbe una strada senza uscita. Quindi? Quindi basta, come scrive sul suo sito uno dei promotori di #salvaiciclisti: “Adesso siano loro a mettere in movimento mani e cervello. Noi abbiamo bisogno di cambiamenti rapidi. Oltre a tutte le ragioni del caso, abbiamo una sola ultima ‘arma’ a nostra disposizione: la possibilità di sostituire amministratori sordi o inefficienti. Adesso li guardiamo. Chi non agisce verrà archiviato. Ma sostituito con chi? E questa è una nuova battaglia: all’orizzonte non si vede ancora l’alba. Nel frattempo qualcuno tra i ciclisti impegnati comincia a parlare della formazione di liste civiche. Si vedrà”.

E intanto, a seguito dell’ennesimo incidente mortale che ha coinvolto una giovane scout in bici, il movimento annuncia una manifestazione nazionale per venerdì 16 novembre.

 

 

 

 

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0 thoughts on “Non siamo soli (a pedalare) nell'universo

  1. ClaRo

    Ho scoperto da poco il “mondo bici” grazie a una persona che mi ha fatto innamorare… di sè e della bici!
    Per lui la bici è l’unico mezzo di locomozione possibile dato che non può avere la patente per un problema fisico.
    Vorrei che “il signor INAIL” quando prescrive “Se il lavoratore decide liberamente di percorrere il tragitto in bicicletta su strade trafficate e solitamente congestionate da numerosi veicoli in transito, in questo caso è tendenzialmente escluso l’infortunio in itinere perché il lavoratore ha scelto consapevolmente di esporsi al rischio maggiore su strada, impiegando la bici” provasse cosa significa non avere molta scelta: o bici o mezzi pubblici senza orari affidabili con fermate ben lontane dal luogo di lavoro.
    Non sarò mai quella ciclista con abbigliamento tecnico che scala montagne, ma sto scoprendo in città piccole sensazioni di agilità, libertà di movimento, non invadenza rispetto all’ambiente (meno inquinamento, meno rumore…), molto gratificanti.
    Spero che presto si raggiunga un’apertura mentale sufficiente a rendere possibili cambiamenti politici e strutturali che semplifichino la vita dei ciclisti.

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    1. Alessandro Ricci Post author

      Cara lettrice,
      grazie per la preziosa e sentita condivisione, che apre uno spaccato sull’utilità della bicicletta come reale mezzo di trasporto in ambito urbano, al di là del suo aspetto puramente sportivo. Ci sono città nel mondo dove quello che scriviamo, pensiamo, speriamo, è già in essere. Qualcosa, soprattutto negli ultimi tempi, si muove anche qui da noi. Non possiamo far altro che continuare per la nostra strada, con determinazione e coscienza. Un caro saluto e felici pedalate!

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