In hotel non ci voglio andare

La leggenda vuole che le dune dell’Erg Chebbi marocchino che precedono e annunciano la grande distesa del Sahara siano lì come punizione da parte di Allah che, con una tempesta di sabbia, seppellì una ricca famiglia locale che rifiutava ospitalità ad una donna e al suo bambino. Ecco alcuni consigli per scegliere un posto dove stare, oltre la canonica stanza d’hotel.

Quando si è in viaggio o semplicemente ci si sposta per qualche giorno – e non si scelgono le sistemazioni canoniche con prenotazione – un amico, un conoscente, una persona con la quale si chiacchiera sui social-network e con la quale si condividono passioni, possono risultare provvidenziali, nel nome dell’ospitalità sacra. Un imprevisto, un treno perso, possono trasformarsi in occasione per rivedere un amico geograficamente lontano; passare alcune ore in una città senza sentirsi sperduti ed avere come guida chi conosce bene il posto, lontano dalle rotte turistiche di tutti.

Un modo di fare e di viaggiare possibile anche se non si hanno conoscenze dirette, affidandosi a diversi servizi oramai consolidati negli anni e con una rete capillare di contatti davvero in tutto il mondo.

Fra i più conosciuti c’è Couchsurfing: una vera e propria global community di sette milioni di persone, a coprire più di 100.000 città in tutto il mondo. I valori di base sono: condividere la propria vita con altri, creare connessione, offrire gentilezza, lasciare il posto meglio di come lo si è trovato e vivere sempre con il senso della curiosità, che fa scoprire luoghi e conoscere nuove persone. Funziona che ci si iscrive sul sito di riferimento offrendo ospitalità in casa propria o cercando, appunto, un posto dove stare (e per dormire ci si può accontentare anche di un divano, da cui “Couchsurfing”). La filosofia che spinge chi surfa il mondo è quella di passare delle giornate con i locals, vivendo un posto nuovo come se fosse casa propria; quella di chi ospita aprendo gratuitamente la porta di casa ai viaggiatori è conoscere nuove culture, praticare una lingua straniera. Il tutto nel nome di un mondo un po’ più piccolo di come è e più amichevole. Altri sistemi che garantiscono una rete di ospitalità sono BeWelcome e The Hospitality Club.

Riferimento per chi professa valori quali “la pace e la nonviolenza attraverso il viaggio, l’incontro e l’ospitalità, l’amicizia, lo studio” è Servas, fondata in Danimarca nel 1949 da Bob Luitweiler, americano pacifista e obiettore di coscienza. Ci si iscrive ad una lista e si contattano in proprio gli iscritti in base alle esigenze di viaggio, per una permanenza di due o tre giorni, durante i quali ci si impegna ad uno scambio in base ai principi fondanti. Si può anche scegliere di essere Day Host e quindi soci che non offrono ospitalità ma supporto nella visita di una città, nell’organizzazione di escursioni o anche solo per un tè in compagnia.

Altra comunità che ospita e cerca ospitalità nel mondo è quella di Warm Showers, rivolta ai cicloviaggiatori: garantiti una stanza per dormire o uno spazio per campeggiare e – come dal nome del progetto – una doccia calda. Il servizio è nato nel 1993 ed è oggi un valido punto di riferimento. Anche qui, a chi ospita non è consentito richiedere pagamento per l’ospitalità: vale il principio dello scambio e sono benvenuti contributi, l’organizzare una cena, insomma ciò che fareste come se foste a casa del caro amico di una vita.

Versione bucolica dei viaggiatori fuori dal comune è Wwoof-World Wide Opportunities on Organic Farms, con una storia che comincia in Inghilterra, nel 1971. L’idea è rivolta a chi ha una fattoria, un podere, un giardino, un vigneto o ancora un bosco e segue principi biologici e di sostenibilità e intende aprire il proprio spazio a chi – in cambio di vitto e alloggio lavora per loro per un dato periodo. Si parla di quattro, sei ore di lavoro al giorno per una durata di una o due settimane. Ci si occupa di semina, potatura, mungitura, giardinaggio, taglio della legna: insomma, vita da fattoria.

Altre idee per una vacanza diversa, che passano attraverso agenzie organizzate, sono quelle dello scambio casa, ci si scambia appunto la casa per un determinato periodo avendo occasione di visitare una città nuova senza spendere per la sistemazione; e l’house-sitting, vale a dire prendersi cura della casa di qualcuno che in quel periodo è in vacanza. O, ancora, la possibilità di affittare uno spazio inutilizzato, la casa quando non ci si vive, una stanza, a chi è in cerca di una sistemazione che non sia, appunto, l’hotel.

(Nella foto: le dune di Erg Chebbi)

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Autore: Alessandro Ricci

Pescara, 1974. Giornalista free lance, inizia con Il Messaggero Abruzzo nel 1994. Collabora nel tempo con testate regionali e nazionali, cura l'ufficio stampa per enti pubblici e privati in particolare nel settore viaggi e turismo. Nel 2007 avvia il progetto Borracce di poesia - La bici per il verso giusto. Il tutto nel segno della curiosità e della conoscenza.

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