Il Cibo dei Passaggi. Un rito di Trasformazione

Carissimi amici, spesso dimentichiamo il valore di certe festività. Abbiamo talmente paura di guardarci dentro e di contattare il lato oscuro di noi, che facciamo in modo di nascondere tutto dietro una risata o un divertimento forzato. Abbiamo perso cioè confidenza con l’ombra e con l’idea di morte, pertanto non conosciamo più cosa sia rinnovamento, visto che per rinascere occorre sempre prima morire. Morire a se stessi, per cominciare, come strategia efficace per ridimensionare l’ego, che vischiosamente ci cattura nelle sue trame, facendoci perdere una visione serena di noi e della quotidianità.

Ma durante le feste, c’è un aspetto che richiama la nostra attenzione sulla VERITA’ e ci riconnette anche inconsciamente all’ESSENZA delle cose. Il cibo. Non a caso in queste occasioni la nostra attenzione, a volte preoccupazione, per il nutrimento aumenta. Alterniamo ad una fase di vigilia, caratterizzata da astinenze o digiuno, una fase di preparazione meticolosa. Per poi giungere al passaggio definitivo. La condivisione della tavola. In queste fasi è sintetizzata la vita secondo una duplice percezione spirituale e materica.

Con l’astinenza o il digiuno tipico delle vigilie siamo chiamati ad un atto di volontà. Ci depuriamo attraverso la rinuncia e ricordiamo a noi stessi quale sia l’essenza al di là del superfluo. Andiamo cioè a recuperare una condizione di VUOTO. Non un vuoto nichilista, in cui tutto è negato, ma una posizione attiva, di ascolto di sé, come descritto nella tradizione taoista, cge attraverso il wu wei , il non fare, promuove una liberazione dagli aspetti egoici per ritornare al centro pulsante della vita, l’essere. È un modo per riaprire il cuore. Fare a meno porta a ridare valore adeguato a tutto. Predispone a ricevere senza pregiudizi, ad essere liberi, ad ampliare la percezione in aderenza al momento presente.

Nella preparazione c’è invece la celebrazione della morte, che subiamo e provochiamo, che è parte di noi e quindi della vita. Per nutrirci ammazziamo, facciamo un sacrificio. Ricordiamo la nostra natura predatoria, l’ombra in cui si annida quel lato di noi che è disposto a uccidere per salvarsi. Ma dovremmo partire dal presupposto di non provocare altra morte se non quella necessaria alla nostra sopravvivenza, dato che l’astinenza avrebbe già dovuto insegnarci ad onorare il valore della vita e a stare con l’essenza delle cose, anziché cercare l’eccesso, che di per sé è mortifero.

Nell’assunzione condivisa del cibo c’è invece la metamorfosi. Introducendo in noi il cibo elaborato ci prepariamo ad un passaggio alchemico. Entriamo in contatto con le energie che quel cibo trasferisce e, nello scindere e riassorbire al nostro interno qualcosa di diverso, ne riconosciamo l’identità, l’essenza e la metabolizziamo. È un processo di contaminazione per il quale, a fine pasto,  saremo necessariamente diversi.

Onorare la morte è un modo autentico per ricordare il passato e soprattutto la dimensione rarefatta, sottile dell’esistenza. È un modo per rinascere o resuscitare, come ci insegna la nostra tradizione pasquale che vede in Cristo l’agnello sacrificato ed anche colui che risorge nella carne dal mondo infero.

La tradizione popolare ci insegna a prenderci cura di questo momento. Non a caso ci invita a tavola con una consapevolezza diversa, proprio perché mangiare è il primo passaggio alchemico per trasformare la morte in vita. Tutto ciò che abbiamo colto, infatti, essendo frutto, è destinato a morire, ma ci regala energia e nutrimento sostanziali perché proceda la vita in noi. In questo eterno divenire, possiamo porci come automi, senza far attenzione alle porte che varchiamo, o essere consci del valore delle nostre azioni. Sceglierle, dando un senso ai nostri gesti.

L’invito che vi rivolgo è di attribuire un significato rituale ai vostri pasti in questo periodo, perché si rinnovi il vostro patto di allenza con l’ombra.

 

TU puoi scegliere di dare un senso particolare al  cibo che consumerai.

Porta la tua attenzione su ciò che mangi, sapendo che nutre il corpo e non solo.

Che i sensi siano appagati, proprio per apprezzare i doni della vita e celebrarla!

Ma che sia anche rinnovata la volontà di scendere nei tuoi inferi per morire e rinascere ogni giorno.

Un pensiero a chi ha lasciato il corpo e ora vive in altra forma e che mai dobbiamo dimenticare.

Un pensiero a te, che festeggi l’intenzione di non fermarti alle apparenze e che accetti di vivere tra due mondi

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