Osteopatia e dintorni

Luana mi guarda senza vedermi, immersa nel filo dei suoi pensieri: “ La struttura governa la funzione, il ruolo dell’arteria è sacro, principio di autoregolazione: AT Still 1874, ideatore dell’osteopatia, la prima forma di medicina, che vede nell’osso l’origine del problema.”

“Il periodo che precede una patologia non è quantificabile ed è frutto della cronicizzazione della disfunzionalità. L’insieme perde la sua unità e non è più di competenza del medico che sa lavorare ormai solo settorialmente. La visione d’insieme è fondamentale per il ripristino di un equilibrio originario.

L’organismo, l’uomo è stato diviso in diversi sistemi che lavorano all’unisono. E’ l’equilibrio, l’omeostasi.”

Gli occhi di Luana, s’infiammano nella dissertazione, la mente è in lavorio continuo per ripescare concetti nei quali s’imbatte ogni giorno.

“La medicina moderna, successiva a quella dell’osteopatia, è frutto della chimica. Tutti i grandi nomi sono stati dei chimici e il loro compito si è focalizzato nel ripristino dei valori alterati. L’osteopata, invece, ha l’obiettivo di mettere il paziente nelle condizioni di riconquistare l’equilibrio, perché ha la visione dell’uomo trino (corpo, spirito, mente).”.

Resto in religioso silenzio.

“L’autoregolazione si riferisce al concetto di macchina perfetta. Il fatto di essere così perfetta, però, la rende vulnerabile, perché anche se s’inceppa un minuscolo tassello, inevitabilmente ci sarà il coinvolgimento anche degli altri.”.

“Che cosa va esattamente a trattare l’osteopata? “azzardo la domanda:

“La restrizione di mobilità sul piano connettivale di tutte le strutture: ossa, legamenti, membrane, tutto il mesoderma! E lo fa attraverso l’uso delle mani – mi risponde Luana.

“Parliamo di piani di scivolamento – continua – Il macro, la disfunzionalità, è il risultato del micro, fino a giungere agli scivolamenti tissutali. Stiamo parlando dell’interdisciplinarietà dei vari sistemi.  Un esempio, subisci un’aggressione inaspettata, la tua postura cambia; arretri, lo spavento spezza il fiato, il diaframma si blocca, hai, cioè, il fiato corto; arrivano lo stato d’ansia e la crisi di paura. E’ una reazione neurovegetativa di difesa.

Se non elabori lo spavento, resti in posizione di difesa con una quindi disfunzionalità. L’osteopatia aiuta ad annullare il meccanismo neurofisiologico che ruota attorno allo stress che si è ingenerato, ma, poi, occorre che l’individuo elabori la causa di quello stress.

Quando le persone non vogliono veramente risolvere il problema, il tessuto respinge e rifiuta l’osteopata. Spesso, il paziente compie i primi passi, arriva allo studio, verbalizza di voler cambiare la situazione, ma non si affida, resta in tensione.  Accade, allora, che le catene disfunzionali non affiorino, emerge una confusione tissutale; il connettivo si fa forte e ti respinge, come una schiera di soldati impenetrabile.  L’anatomia regna sovrana e parla.”.

Luana cessa di parlare.

In pochi minuti mi ha raccontato di come, un fattore di stress qualunque, determini una reazione di difesa che porta a un’interruzione di mobilità; quindi una parte di noi, si blocca. I famosi piani di scivolamento, interconnessi, cessano di scivolare. Si crea una disfunzionalità che, macroscopicamente, si manifesta con un mal di stomaco, un dolore alla spalla, una tibia ruotata ma che, realmente, corrisponde a qualcosa che ha bloccato gli ingranaggi perfetti dell’anatomia e della fisiologia. Quel qualcosa ha un’origine principe, riconducibile a un fattore “Stress”, indicando con tale termine, una qualsiasi condizione di non soddisfazione, di non benessere della persona. La non elaborazione di questo fattore porta a un riproporsi continuo della disfunzionalità la cui permanenza ingenera, nel tempo, una patologia.

Così dentro, così fuori.

 

 

 

 

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