Quando proteggersi diventa cura di sè

Dopo una piacevole chiacchierata telefonica di qualche giorno fa con un amico, continuo a riflettere sull’importanza, o meglio forse necessità, di proteggere la nostra interiorità, in certi momenti del nostro vivere.

Semplicemente mi parlava della sua ferma determinazione a non lasciare entrare nella sua casa immagini, interviste, discorsi e riferimenti vari alla situazione di grande difficoltà che riguarda popolazioni a noi vicine. Ha deciso di limitarsi a pochi minuti di notizie online per seguire gli sviluppi e rimanere informato.

Spiegandomi che è il suo tentativo di tutelare se stesso e i suoi bambini da un evidente eccesso di “materiale tossico”, fatto di emozioni difficili da gestire, e che possono presto danneggiare, viste le quantità massicce circolanti di recente.

Lasciando da parte la mia opinione circa la differenza, spesso sottovalutata, tra informare e “aggredire” chi usufruisce dei mass media, credo che occuparsi della propria salute, anche interiore, sia sempre più una responsabilità individuale.

E’ ormai noto alla grande maggioranza di noi che ogni persona, nella sua ricca complessità interiore, custodisce una parte più vulnerabile e delicata di altre.

E che emozioni come la paura, la tristezza, la rabbia (per fare qualche esempio) la possono facilmente riguardare, e quando diventano prevalenti ci tolgono lucidità e serenità.

Riscontro in vari modi, nel mio lavoro di counselor e formatrice, che anche solo immaginarsi spesso in situazioni spaventose, angoscianti o disperanti, può diventare pericoloso per la nostra psiche come per il nostro corpo.

Mi sembra quindi che stia diventando imprescindibile proteggersi da certi eccessi per prenderci cura di noi.

Guardando l’esempio di quel mio amico, potrebbero sorgere domande come: “significa però fregarsene degli altri? Come può non toccarti quanto avviene in circostanze così estreme? E’ fare lo struzzo con la testa nella sabbia?…”

Credo al contrario, che lasciarsi pervadere da immagini ed argomenti spaventosi (con i pesanti stati d’animo che ne possono conseguire) ci tolga anzi la capacità di mantenerci costruttivi e solidali.

Volendo, posso dare il mio contributo e sostegno in qualche forma, pur non avendo la cronaca dettagliata degli eventi tragici di qualcuno

Rimanere focalizzati su una buona gestione delle diverse emozioni che si esprimono in noi, ci potrebbe permettere di continuare a dare spazio alla fiducia, alla bellezza, all’attenzione per i dettagli del quotidiano per cui essere grati.

Senza dubbio questo richiede notevole volontà e impegno, ma l’obiettivo merita la fatica secondo me.

Tengo a sottolineare una distinzione importante: proteggersi non significa chiudersi in se stessi passivamente, o indossare corazze pesanti verso l’esterno.

Penso invece che la scelta di creare contesti piacevoli ed accoglienti, rimanere aperti a visioni più ampie, frequentare ambienti energizzanti ( che la natura generosamente offre ad esempio), o dedicare un tempo alla sola compagnia di noi stessi, possa diventare una protezione che accudisce noi e chi ci sta a cuore.

 

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Autore: Alessandra Caroli

È counselor relazionale ad indirizzo mediacomunicativo ed educatrice professionale. Per Avalon si dedica da anni ad attività di counseling, tutoring e organizzazione di eventi. Coordina le attività didattiche ed è parte del corpo docente della Scuola di Counseling e Media-Comunic-Azione. Si occupa di counseling e formazione in contesti pubblici e privati, con un’esperienza decennale in ambito sociale, attraverso progetti di riabilitazione per la disabilità psico-fisica di adulti e bambini e di sostegno alle famiglie. Da sempre ama approfondire la conoscenza di luoghi e culture diverse, unendo quindi il viaggio fuori al viaggio dentro di sé. Con entusiasmo, attraverso la rubrica “Il punto di vista del counselor”, si occupa di sostenere e divulgare questo approccio alla crescita personale e di favorire nel lettore un ampliamento delle prospettive nell’affrontare la quotidianità.

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