Certi mesi di agosto possono stravolgere un’esistenza. Forse perché l’estate è la stagione in cui tutto si conclama e ad agosto, quando il senso di vuoto sembra raggiungere l’apice, il “nuovo” può sovvertire il “vecchio”.
È un agosto di parecchi anni fa quando mi imbatto nel libro “Sostiene Pereira” di Antonio Tabucchi, che per molto tempo è stata la risposta alla domanda “qual è il tuo libro preferito?”. Sempre agosto l’anno dopo quando, in viaggio a Lisbona, guardo in tutti i bar cercando di scorgere qualche dettaglio da cui riconoscere il Cafè Orchidea, in cui tutti i giorni il protagonista, un giornalista attempato, obeso, cardiopatico, consuma il suo pranzo a base di omelette e limonata.
Ed è nell’agosto del 1938 che la vicenda del romanzo subisce una svolta. In Portogallo imperversa il regime di Salazar, e il dott. Pereira, capo redattore della pagina culturale del Lisboa, rimasto vedovo e per questo ossessionato dall’idea della morte, una mattina resta colpito da un articolo su una rivista d’avanguardia in cui legge:
“Il rapporto che caratterizza in modo più profondo e generale il senso del nostro essere è quello della vita con la morte, perché la limitazione della nostra esistenza mediante la morte è decisiva per la comprensione e la valutazione della vita.”
Porta la firma di Monteiro Rossi, un giovane anarchico impegnato politicamente contro il regime. Pereira sente il desiderio di incontrarlo e tra i due nasce una collaborazione professionale prima e un’amicizia poi.
Combattuto tra il desiderio di aiutare il ragazzo e quello di non essere coinvolto in questioni politiche che potrebbero causargli problemi, decide di prendersi una pausa di riflessione e trascorre le vacanze in una clinica talossoterapica dove però un altro incontro è destinato a cambiargli la vita, quello con il dott. Cardoso, il direttore della clinica e amante della letteratura francese. Durante una delle loro conversazioni serali Cardoso espone la teoria filosofica della “confederazione delle anime”, secondo cui la personalità di un individuo è vista:
“come una confederazione di varie anime […] che si pone sotto il controllo di un io egemone […] quella che viene chiamata la norma, o il nostro essere, o la normalità, è solo un risultato, non una premessa, e dipende dal controllo di un io egemone che si è imposto sulla confederazione delle nostre anime; nel caso che sorga un altro io, più forte e più potente, codesto io spodesta l’io egemone e ne prende il posto, passando a dirigere la coorte delle anime, meglio la confederazione, e la preminenza si mantiene fino a quando non viene spodestato a sua volta da un altro io egemone, per un attacco diretto o per una paziente erosione”.
Ai più assidui frequentatori del blog il concetto sembrerà familiare 😉 no? Quando lasciamo spazio ad altre parti di noi qualcosa è destinato inesorabilmente a cambiare.
Questo libro, il capolavoro di Antonio Tabucchi vincitore del premio Campiello, ha ispirato tante altre opere: il film di Roberto Faenza interpretato da Marcello Mastroianni e più di recente una novella a fumetti tradotta anche in Francia. Noi vi auguriamo che ispiri il vostro agosto portando un vento di libertà, ricordandovi che il vostro talento è la vostra missione e che vi apra a piccole, grandi rivoluzioni… Sostiene Pereira che non è mai troppo tardi!
Questo libro è sempre stato il mio preferito. Vidinprima il film e poi lessi il libro scoprendo che il film era stato fedelissimo. Parlo di circa vent’anni fa. Ora so perché mi colpi così tanto.. era un indizio. Per il mio cammino verso la scoperta di me attraverso il counseling media comunic-azione. Grazie di averlo riportato.
E’ vero Sabrina, uno dei rari casi in cui è difficile stabilire se sia più bello il libro o il film. Grazie a te.