Spiritualità Prêt-à-Porter

Ho letto in questi giorni sulla rivista “L’altra medicina” un articolo riguardante il falso bio. Cosa si intende per “falso bio” è presto detto e facilmente riassumibile così: non basta che un alimento abbia una bella scritta “BIO” sopra per poter essere definito sano.

Nella proposta bio sugli scaffali di supermercati ma anche market ad hoc ci sono quantità di prodotti pronti pieni di zuccheri, grassi, materie prime molto processate, seppure da agricoltura biologica, che certamente non possono rientrare in un concetto di alimentazione sana.

Ma molte persone acquistano sicure che vada tutto bene, perchè hey, è bio! Non ci rendiamo conto che se ci alimentiamo quotidianamente a base di cibi pronti, non sarà sostituire quelli industriali tradizionali con quelli, altrettanto industriali, contenenti ingredienti biologici, a farci stare meglio.

Occorre infatti un cambiamento di prospettiva, una presa di responsabilità che ci faccia agire per entrare nelle nostre abitudini alimentari e trasformarle sempre di più verso quelle più salutari per noi. Nella cosmesi è la stessa cosa.

Dal corpo allo spirito il passo è breve, così mi è sorto nella testa un parallelismo con certe modalità con cui si divulgano concetti spirituali, banalizzandoli, privandoli della complessità che hanno e rendendoli per così dire di facile accesso, di facile consumo, come una merendina preconfezionata.

Soprattutto dal lockdown in poi ho assistito ad un florilegio di contenuti digitali riguardanti spiritualità, coaching spirituale, discipline olistiche varie e via dicendo, passando per la sempreverde legge di attrazione e proseguendo tra yoga, ayurveda, Maestri ascesi e angelologia.

Precisando che non ho niente contro nessuna di queste discipline, anzi, quello che mi colpisce è la modalità di offerta dei contenuti ad esse relativi.

Tutto viene reso estremamente facile e alla portata di chiunque. Ci sono corsi che promettono di imparare a cambiare la propria realtà in una settimana, profili social completamente dedicati ad aforismi elevati, meditazioni guidate come se piovesse.

Come se la spiritualità fosse una, e passasse per meditazione, yoga, lettura di oracoli, diari della gratitudine e letture di libri sulla crescita personale. Mi colpisce moltissimo, inoltre, che ci siano pochissimi riferimenti alle relazioni. Come se ciascuno dovesse occuparsi di elevarsi da solo, indipendentemente da cosa gli accade intorno e dal contesto in cui vive.

Ma la spiritualità è un’altra cosa e, come per l’alimentazione di cui parlavo all’inzio, richiede una presa di responsabilità. Certo, se non mi sono mai occupata del mio sentire, di chi sono, dei miei reali desideri, e inizio a scrivere 3 ringraziamenti al giorno, è senz’altro utile. Credere che basti farlo per avere cambiamenti epocali nella vita, forse un po’ meno.

Pensare che lo yoga mi farà diventare molto Buddha senza prendere in considerazione il modo in cui mi relaziono con gli altri, certo è un ottimo esercizio, ma finisce lì.

Credere che ci siano solo determinati strumenti, quelli di moda, per evolvere come individui, è pericoloso.

Cosa faccio se non amo lo yoga ma preferisco pattinare? Se le meditazioni mi fanno addormentare e se mi piacciono i romanzi d’amore?

E qui vengo al punto: online esistono influencer per tutto, e da un po’ anche nel campo della spiritualità. Tutto bene finché non si crea in te che li segui l’idea che per evolvere devi essere come loro.

E’ la stessa identica cosa di quando guardi un profilo Instagram della modella di turno e pensi che essere belle significhi avere gli occhi blu e la taglia 38. Irrealistico, falso e controproducente.

Ciascuno di noi ha talenti e preferenze. Un’indole, delle predisposizioni. Lavorare su se stessi ha senso se mira a migliorarci nelle nostre peculiarità, senz’altro spostando poco alla volta le nostre zone di comfort, ma mai snaturandoci.

Posso lavorare su di me se metto un’attenzione sui miei comportamenti, come reagisco a determinati stimoli. Posso farlo mentre cucino quello che mi piace, mentre muovo il mio corpo qualsiasi disciplina io scelga di seguire – ma anche ballando completamente immersa nella musica preferita, senza trattenermi.

Lavoro su di me nelle relazioni,  andando a vedere quali corde suonano in me, e come.

Lavoro su di me aprendomi, mettendomi in gioco con gli altri e con la vita. Donandomi, cercando il bello e il buono, facendomi domande, ponendomi con curiosità verso gli altri, verso il mondo.

Cercando un confronto, che è ben diverso dal paragonarmi o competere. Il confronto con gli altri è veicolo di crescita perché mi porta a considerare prospettive di vita diverse dalle mie, mi offre nuovi spunti, amplia la mia mappa, laddove paragoni e competizione mi spingeranno a svalutarmi o entrare in ansia da prestazione.

Questo è il lavoro di una vita, si fa nella quotidianità, si fa meglio se si hanno maestri e amici che vedono nella crescita personale lo stesso immenso valore.

Si fa con tanto amore, tanta responsabilità, passi in avanti e anche passi indietro. Non è veloce, non basta leggere un libro. Conosco persone che di libri ne leggono mille, e pensano di sapere tanto, ma è tutta teoria. Fino a che non facciamo scendere la conoscenza dentro di noi, finché non accettiamo di sporcarci le mani, l’ego cresce, noi no.

Spero di averti dato spunti utili oggi, soprattutto se sei tra chi si paragona o compete. Che ti arrivi tutto il mio amore per un percorso che rispetti la tua autenticità e i doni che solo tu puoi regalare al mondo.

La spiritualità sui social è come la merendina confezionata fintamente bio: ti fa credere che tu stia scegliendo il meglio e che tu stia facendo bene a te e al pianeta, mentre in realtà non è davvero il reale nutrimento di cui il tuo corpo e la tu anima hanno bisogno.

 

 

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