In questo periodo dell’anno le tradizioni colorano le nostre giornate, regalandoci la bellezza della memoria; credenze magiche, superstizioni, rituali, ci raccontano di un tempo antico: quando si sperimentava
“ il fascino misterioso e palpitante della messa di mezzanotte, sulle panche fredde della chiesa si sentiva il cuore all’improvviso riscaldato dal suono delle campane, la cura con cui grandi e piccini, preparavano il presepio”.
Ci sono studiosi che hanno affidato alla scrittura questo patrimonio inestimabile: Emiliano Giancristofaro ci conduce nel mondo della cultura popolare abruzzese: ‘ Tradizioni popolari d’ Abruzzo’ , per ricordare con grande cura e amore, la ricchezza del folklore.
“ La cultura di popolo ha mille spiriti e la sua antica saggezza riaffiora nei momenti più impensabili, con la sua lingua, con la sua anima e i suoi modi di guardare alla realtà della vita.”
Un popolo e un territorio svelati, pagina dopo pagina, pronto a celebrare la fertilità della terra con i riti di Maggio e a ringraziare per essere stati più volte protetti, omaggiando i Santi Protettori. Ma è il Natale, la festività che conserva maggiormente i legami con il mondo arcaico, soprattutto nei paesi rurali; si comincia la vigilia della Immacolata, ancora oggi vengono accesi i ‘ fucaracchie’, grandi fuochi che bruciano durante tutta la notte e si ripetono il giorno di Santa Lucia.
“ I fuochi ricorderebbero le fiaccole con cui gli angeli scortarono e illuminarono il percorso della ‘ Santa casa’ da Nazaret a Loreto”.
La notte di Natale, in Abruzzo, è notte magica; quella più attesa, si rinnovano gli scongiuri ad ‘ apprendiste guaritrici’, secondo la tradizione popolare possono essere scoperte le streghe,
“ ad esempio si ritiene che è strega la donna che esce per ultima dalla chiesa dopo la messa di mezzanotte ( per scoprirla bisognava andarle vicino tenendo sotto il cappotto o il mantello una falce): la donna-strega rimaneva immobile e quindi individuata).”
Maghe e magari sono personaggi tanto cari all’Abruzzo antico: si racconta che nelle nostre campagne, esse erano depositarie di antichi saperi, capaci di curare attraverso l’utilizzo delle piante e custodi di sortilegi pericolosi, tanto da essere definite streghe. Altrettanto importante era il ruolo del mago ‘magaro’, un guaritore che suggestionava, attraverso caratteristiche fisiche, come la pupilla che ha corroso l’iride, così da riflettere l’immagine rovesciata.
Certamente non tutto quello che leggeremo in questo scritto, sopravvive, ma vive nel ricordo di una cultura, restituendo il senso autentico a gesti e parole tramandate. A voi lettori, un augurio speciale, che sia festa della memoria.