Una rosa di pizzo bianco

All’inizio di Ottobre mi sono iscritta al laboratorio dei sogni di Zuleika *. Avevo voglia di approfondire il tema, di immergermi in esso, di trovare il filo di Arianna che mi guidasse attraverso questi filmati, talvolta a colori, talvolta in bianco e nero, che sono i sogni.

Sono stata presente, però, solo un paio di volte perché, ahimè, Roma – Pescara-Roma, in un pomeriggio sera, non è proprio agevole, specialmente d’inverno. La mia partecipazione è stata, quindi, molto ridotta.

Nonostante ciò, quelle poche serate sono state davvero importanti e intense.

Alla condivisione di un sogno seguono i rimandi degli altri, le loro percezioni che si manifestano attraverso la frase magica:” Se fosse il mio sogno”. Ed è proprio attraverso tutti questi: “Se fosse il mio sogno” al quale si aggiunge quello più autorevole di Zuleika,  che pian piano si dispiega la strada della comprensione, si dissolve la nebbia impenetrabile che, spesso, noi stessi creiamo.

Il tema che emerge, portato da un sogno raccontato, è poi affrontato nella spiegazione della padrona di casa ed è un tema che accomuna i discenti evidenziando la forte rete di connessione energetica che lega e intercorre tra tutti.

Quello emerso nel primo incontro e proprio dalla narrazione di un mio sogno erano le emozioni e l’importanza di rientrare in contatto con esse.

Era seguita, poi, la visualizzazione guidata di una rosa in un giardino. La voce di Virgilio –Zuleika, accompagnava dolcemente verso questa scoperta, attraverso indicazioni forti ma non nette, tali da lasciare a ciascuno la creazione della propria.

Un viaggio attraverso il giardino sensoriale delle proprie emozioni.

La mia rosa era bianca, un bocciolo bellissimo dal lungo stelo, al centro di un cespuglio, ben nascosta alla vista, con  all’interno un cuore di rugiada.

La rugiada rappresenta, ho appreso, quel mondo delle emozioni che mi sono preclusa per tanto tempo e che vogliono riemergere.

Il compito per casa è stato quello di realizzare la propria rosa osservando cosa sarebbe successo nei giorni a venire.

Ho fatto il viaggio di ritorno verso Roma, immaginando come avrei potuto farla. Erano anni che non realizzavo qualcosa manualmente, da quando, adolescente, dipingevo o disegnavo: ricordi sbiaditi di un’epoca lontana.

All’imbocco del Grande Raccordo Anulare, avevo deciso: la mia rosa sarebbe stata di pizzo.  In qualche modo ne avvertivo l’importanza e soprattutto la preziosità. Quale tessuto migliore del pizzo, con quei meravigliosi e delicati intarsi?

Non solo, avevo immaginato tutto il processo : dal disegno dei petali, al taglio; all’inamidamento magari con lo zucchero e poi all’incollaggio seguendo il disegno del bocciolo.

Più ci pensavo e più mi entusiasmavo. Mi sentivo chiamata a realizzare un’opera molto importante, per struttura e per significato.

Sono passati  giorni, prima che iniziassi.

Il pizzo è stato acquistato in un paesino delle Marche, in una piccola merceria, così, deliziosamente vezzosa e fanciullesca, con tutti i suoi nastri, i suoi bottoni, le sue spagnolette di filo colorato.

Quando mi sono seduta al tavolo per iniziare, ero in ansia.

Avevo scoperto che la colla non è idonea per il pizzo e non potevo procedere come avevo immaginato .

Poi ho iniziato a provare, memore anche di qualcosa che avevo letto sui fiori di stoffa.

Il pizzo si modellava dolcemente; occorreva piegarlo in un certo modo, poi attorcigliarlo su stesso, poi creare delle onde e infine tirare il lembo iniziale.

Ed ecco la rosa.

La guardavo estasiata. L’avevo fatta io. L’ho contemplata ore e mi sono sentita felice, per quel piccolo lavoro da “ricamatrice” e ho atteso le conseguenze.

“Ciò che sarebbe accaduto” era già iniziato.

Perché, l’ho capito solo dopo, stavo ricamando la mia anima, sotto forma di una rosa perché potesse fiorire, di pizzo per rilevarne la preziosità e per evidenziare, con un tessuto trasparente, la possibilità di guardare attraverso; con tanti petali perché ricca di emozioni, bianca, come la neve, perché la vera essenza di me.

Ho messo la rosa nel comodino, vicino al letto, in modo da poterla guardare ogni sera e ricordarne la rugiada, all’interno e dentro di me , insieme al  suo messaggio:

“Manteniamo il contatto!”

 

 

*Zuleika Fusco -Counselor Relazionale Supervisor – Titolare di Avalon Formazione

 

 

 

 

Condividi...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Categorie

Commenti recenti

Da Avalon Giornale

Tag

Archivi