La paura e le “ragioni” dell’amigdala

L’amigdala è una formazione ovale di circa 1,7 cm che ricorda una mandorla, che si trova nel nostro cervello e precisamente nel lobo temporale, all’incirca in corrispondenza della tempia. L’amigdala fa parte del sistema limbico, ovvero la parte più arcaica del cervello.

Le funzioni che svolge sono strettamente legate al nostro mondo emozionale: conserva la memoria di eventi ed emozioni forti (ancor più se legate ad un trauma), facendo aumentare la paura e la vigilanza in situazioni, o in presenza di stimoli, che possono richiamare certi eventi traumatici.

Possiamo dire che è connessa al nostro istinto di sopravvivenza, infatti i ricordi e le esperienze con un forte carico emotivo attivano delle connessioni sinaptiche che producono effetti come il respiro accelerato, la sudorazione forte, la tachicardia, la produzione di ormoni dello stress, ecc. Quindi di fronte ad uno stimolo negativo l’amigdala ci permette di attivare strategie che ci evitano danni, sofferenze, o persino pericoli letali.

Quello che molti ignorano è che il nostro cervello è fatto di due cervelli. Un cervello arcaico, limbico, localizzato nell’ippocampo, che non è praticamente evoluto da tre milioni di anni a oggi, e non differisce molto tra l’homo sapiens e i mammiferi inferiori. Un cervello piccolo, ma che possiede una forza straordinaria. Controlla tutte quelle che sono le emozioni (…) L’altro cervello è quello cognitivo, molto più giovane. E’nato con il linguaggio e in 150mila anni ha vissuto uno sviluppo straordinario, specialmente grazie alla cultura” ci spiegava il premio Nobel Rita Levi Montalcini.

Quanto più ciò che sto vivendo mi evoca un’emozione intensa, tanto più numerose saranno le connessioni neuronali con il sistema limbico e l’amigdala.

Può avvenire perciò che in alcune situazioni ci lasciamo sopraffare dalla paura, o dall’angoscia, o dalla rabbia, in un modo che va ben oltre la logica, perché avviene il cosiddetto “sequestro emotivo”, cioè quella situazione in cui gli stimoli arrivano dall’esterno direttamente all’amigdala, con reazioni immediate ed istintive, senza alcuna elaborazione della parte cognitiva del cervello (quella giovane!), per cui  non riusciamo affatto a ragionare con lucidità.

E’ stato lo psicologo statunitense Daniel Goleman ad avere introdotto il concetto di “sequestro emotivo” negli anni ’90, formulando anche il costrutto di Intelligenza emotiva.

Forse la combinazione di emozioni e razionalità può sembrare persino contraddittoria, a primo impatto.

In effetti però intelligenza ed emotività non sono contrapposte, sottolineano invece l’evidente necessità di saper gestire con intelligenza le emozioni, per migliorare il rapporto con noi stessi e con gli altri.

Diciamo che la competenza emotiva è un’abilità che ciascuno può sviluppare, partendo da una particolare attenzione ai nostri stati interiori e alla loro origine, e dall’accettazione di ogni emozione, di qualsiasi natura ed intensità, come espressione importante di noi.

Quando una parte della nostra interiorità si fa sentire in qualche modo, probabilmente sta esprimendo un bisogno, un malessere, o un’esigenza di emergere per essere ascoltata.

Altrimenti, come a volte ci capita di sperimentare, le emozioni possono diventare talmente dirompenti da ostacolarci nel nostro quotidiano, magari impedendoci di agire o di scegliere obiettivamente.

E meno male direi! …quando si muovono emozioni intense ci sentiamo più vivi e aggiungiamo colore al quotidiano (con ogni tipo di sfumatura), spostandoci da schemi e automatismi che ci lasciano impassibili e senza stimoli.

Questo tipo di intelligenza include la nostra capacità di relazionarci con l’altro: prevede un’apertura all’ascolto, e una volontà di accoglienza della realtà altrui, quindi uno sviluppo dell’empatia.

“Essere emotivamente intelligenti vuol dire saper conoscere e gestire le nostre risorse interiori e allo stesso tempo intuire, comprendere, rispondere correttamente alle emozioni degli altri” ci dice tra l’altro Goleman, che nel 1995 ha pubblicato l’ormai famoso libro “Intelligenza emotiva”, in cui approfondisce questi concetti partendo dal ruolo dell’amigdala.

Un libro che trovo tuttora attualissimo e che consiglierei a chiunque colga l’enorme utilità e abbia la volontà di ampliare questa abilità, basata sia su competenze personali che sociali.

Si tratta di imparare a comunicare ciò che ci caratterizza, a reagire nel giusto modo alle difficoltà, a riconoscere le proprie qualità insieme ai propri limiti, ottimizzare le risorse personali e rispettare i propri valori.

Mentre un atteggiamento empatico verso l’altro ci permette di rendere più fluidi i nostri rapporti, attraverso una comunicazione attenta, cercando di comprendere i bisogni e i punti di vista altrui, evitando di calpestarli quando siamo concentrati sui nostri bisogni o sui nostri obiettivi, ad esempio.

Sfruttare al massimo le potenzialità dell’intelligenza emotiva ci può donare benefici diretti in tanti ambiti della nostra quotidianità…in sintesi direi che ci può dare davvero una mano ad affrontare meglio la complessità del mondo che oggi ci circonda.

 

 

 

 

 

 

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Autore: Alessandra Caroli

È counselor relazionale ad indirizzo mediacomunicativo ed educatrice professionale. Per Avalon si dedica da anni ad attività di counseling, tutoring e organizzazione di eventi. Coordina le attività didattiche ed è parte del corpo docente della Scuola di Counseling e Media-Comunic-Azione. Si occupa di counseling e formazione in contesti pubblici e privati, con un’esperienza decennale in ambito sociale, attraverso progetti di riabilitazione per la disabilità psico-fisica di adulti e bambini e di sostegno alle famiglie. Da sempre ama approfondire la conoscenza di luoghi e culture diverse, unendo quindi il viaggio fuori al viaggio dentro di sé. Con entusiasmo, attraverso la rubrica “Il punto di vista del counselor”, si occupa di sostenere e divulgare questo approccio alla crescita personale e di favorire nel lettore un ampliamento delle prospettive nell’affrontare la quotidianità.

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