La Rabbia: disagio o risorsa? – Cronache dal Café Philò

Cari amici,

oggi voglio parlarvi di un’esperienza tutta nuova che è nata dall’inesauribile fucina creativa di Avalon: il Café Philò. Una volta al mese, presso la Psicolibreria I Luoghi dell’Anima di Pescara, liberi pensatori come voi e me, entronauti e curiosi della vita, si trovano davanti ad un caffè, una tisana o ad un buon vino per ascoltare e raccontarsi rispetto ad un tema prestabilito. L’idea nasce dal recente revival dei café philosophique parigini, nei quali la filosofia non è il tema, bensì lo strumento per riflettere e confrontarsi all’interno di una sana comunicazione. Diversamente dal solito, il pubblico non è spettatore ma attore e protagonista del dibattito, che anima grazie alle opinioni, competenze specifiche o esperienze di vita di tutti. Per me è un grande piacere parteciparvi come moderatore e, altrettanto riportarvi i commenti più salienti, nel raccontarvi com’è andata la scorsa volta in cui abbiamo parlato della rabbia sia come disagio che come risorsa.
“Una delle emozioni più temute e censurate con un potenziale energetico tutto da scoprire. Quanto spazio le diamo e come la esprimiamo?” Già sulla pagina Facebook che annunciava l’evento, la domanda invitava a riflettere a partire da una citazione di William Blake: “Ero arrabbiato con il mio amico: io glielo dissi, e la rabbia finì. Ero arrabbiato con il nemico: non ne parlai, e la rabbia crebbe.” Da subito, in primo piano, la duplice valenza della rabbia espressa e liberatoria o di quella implosa e distruttiva.
Secondo la psicologia, la rabbia è un’emozione primaria legata all’istinto di autoconservazione ed è una delle più precoci e primitive, tanto da poter essere osservata sia in bambini molto piccoli che in specie animali diverse dell’uomo. Molte teorie la definiscono come reazione alla non realizzazione di un bisogno sia fisico che emotivo ed è luogo comune considerare l’aggressività come sua manifestazione principale, fino ad inibirla. L’aggressività rappresenta solo una della modalità e fa riferimento al desiderio di distruggere, ferire, umiliare per ottenere quello che si vuole a scapito dei diritti degli altri. Ma l’aggressività, se dosata ed espressa in modo adeguato, diventa grinta, una forza in grado di mobilitare risorse psicologiche positive per combattere le ingiustizie, correggere comportamenti sbagliati, in altri termini una forza a nostro vantaggio che permette di affermarci e di difendere i nostri diritti.
La rabbia è quindi un’energia primordiale molto potente, è sia fuoco che carburante, sta a noi usarla per incendiare o andare sulla luna.

Nella nostra cultura contemporanea, arrabbiarsi è considerato un atto grossolano o di debolezza, nell’errata convinzione che ci siano emozioni positive, da mostrare liberamente, ed altre negative che non possiamo permetterci . Questo meccanismo censorio ed implosivo, rinnega quella che è una fondamentale energia vitale aggiungendo potenza incontrollata a qualcosa che non abbiamo potuto accogliere e gestire.

In passato non era così, alla rabbia veniva riconosciuta anche una declinazione più nobile e legittima: il furor sacro. Basti pensare al Dies Irae, l’ira di Dio che si manifesterà l’ ultimo giorno, il giorno della verità e del giudizio o quella seppur smodata e quasi folle di Achille, che gli antichi greci chiamavano menis, cioè la reazione a una ingiusta offesa arrecata al pubblico onore o al sacro diritto della persona. A quei tempi era un sentimento giusto e doveroso, una risposta non solo psicologicamente ma anche e soprattutto eticamente motivata e necessaria. E come non menzionare il furore creativo? Un ottimo meccanismo per veicolare la rabbia in modo costruttivo e liberatorio, pensiamo a quanta arte, record sportivi, ed imprese personali, sono state compiute grazie a questa energia.
Far pace con la rabbia. Durante il nostro incontro, la sensazione generale rispetto alla rabbia è stata quella di volerla conoscere meglio e liberarsi da imbarazzi, timori, inibizioni, sensi di colpa e frustrazioni che derivano dal tenerla a distanza. Abbiamo iniziato con ricordarne la definizione da dizionario “violenta irritazione, spesso accompagnata da parole o da azioni incontrollate” che subito spiega perché per molti abbia un accezione negativa. ‘E’ indubbio che fin dalla più tenera età ci viene insegnato che è cattivo e sbagliato esprimere la collera e crescendo impariamo che essa è inopportuna, irragionevole, associata all’aggressività e al capriccio’. A seguire ricchissimi gli spunti di riflessione emersi dalle condivisioni quali: ‘la sensazione totale e sconvolgente che la rabbia lascia al suo passaggio’; la differente percezione di potere di quando si esprimeva da piccoli per imporsi e di quella frustrante da adulti che spesso provoca rifiuto e allontanamento; la rigidità fisica ed emotiva che spesso la connota ed esprime il bisogno di controllo, e di come questa alteri il respiro e la fisiognomica; come spesso nasca da un fiore calpestato, come la mancanza di rispetto per la delicatezza e il non ascolto, come raccontato da chi per lavoro si trovava ad assorbire, ora dice ‘accogliere’ la rabbia e indignazione altrui. C’è ha ricordato la sempre efficace saggezza popolare del ‘contare fino a dieci’, ribattuta dall’osservazione che ‘se riesci a contare fino a dieci allora non è rabbia’. Si è anche parlato della diversa legittimità della rabbia negli uomini e nelle donne, notando quanto sia più temuta e consentita nei primi, e spesso svilita al rango di crisi isterica nelle seconde che, vergognandosene la implodono molto di più. Fondamentalmente la rabbia è un grido di dolore: ‘quando sento montare la rabbia dentro, c’è qualche parte di me molto ferita alla quale non ho dato ascolto e accudimento e, quando la sfogo in maniera istintiva, so di averle dato voce lasciando però altri feriti e contusi intorno a me’.
Paura della rabbia. A molti la rabbia fa talmente paura che è evitata e nemmeno riconosciuta come possibilità propria, per paura di ferire gli altri o ricevere la loro disapprovazione. ‘La rabbia è ingestibile, incomprensibile, incontrollabile’, ‘quando sono arrabbiato statemi lontano, ‘quando siamo preda della rabbia diciamo e facciamo cose di cui poi ci pentiamo, in primis far soffrire le persone che sono coinvolte’.
Molto originale ed interessante anche il contributo sulla metarabbia, la rabbia di avere rabbia e sul percorso dell’eroe, come presa di coscienza di sé e del proprio stadio animico evolutivo. ‘L’eroe é chiunque ha il coraggio di mettersi in discussione, di uscire dalla zona di confort per iniziare un percorso interiore di conoscenza con l’obiettivo di evolvere, crescere, espandere la propria coscienza. La metarabbia può essere la spinta propulsiva per iniziare il viaggio e per guardare alla rabbia sia nei rinneghi sia nelle risorse, che se correttamente gestite, diventano forza che gioca a nostro favore’.
La rabbia come protezione. Aiuta a sviluppare fiducia in noi stessi, ‘non è necessario che monti fino ad esplodere per esprimerla, è un segnale da cogliere, un meccanismo di protezione che ci segnala quello che non va: se ci stanno facendo del male, se i nostri diritti vengono violati, se i nostri bisogni e i nostri desideri non sono soddisfatti. La rabbia, allora, non è altro che la necessità e il bisogno di proteggere sé stessi, senza di essa siamo privi di protezione e alla mercé delle reazioni altrui’ ; ad essa si accompagna quella sensazione di appagamento che consegue allo sfogare la rabbia, scevra da ripensamenti e sensi di colpa, perché consapevoli di esserci affermati e protetti.
In conclusione. Quando siamo scontenti di come funzionano le cose nella nostra quotidianità, proviamo rabbia, sia implosa che manifesta. A volte ne siamo spaventati perché percepiamo che, trattenendola, ne saremo consumati e feriti, esprimendola, rischieremmo di far male al prossimo. Così che spesso non ne vediamo la risorsa. ‘La rabbia è solo il vestito più scuro o il volume più alto di quella grinta che ci fa mordere la vita, l’ombra di quella sana aggressività che ci dona determinazione per affrontare gli ostacoli che ci dividono dalla meta’. E quando non passa? Il perdono come ha saggiamente suggerito un nostro amico.
Vorrei ringraziare tutti coloro che sono intervenuti e hanno animato il nostro incontro, arricchendolo di spunti, riflessioni e condivisioni personali. Molti hanno veramente aperto il loro cuore con fiducia regalando a tutti noi momenti emozionanti e di grande autenticità.

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Autore: Stefania Nanni

Counselor relazionale in Media-Comunic-Azione® e docente di lingua e civiltà anglosassone. Umanista nell’animo per la propensione agli aspetti esistenziali e della socialità, da oltre un ventennio si occupa di crescita personale, tecniche olistiche e aggiornamento professionale, estendendo le competenze pedagogiche anche in ambito organizzativo, gestionale e formativo. Esperta di comunicazione e mediazione del conflitto, è membro di Avalon dal 2000, ove ha conseguito il titolo, e vi collabora come counselor, formatrice e blogger sul giornale “Cronache di un libero pensiero” nella rubrica “Il punto di vista del counselor”. Da sempre interessata allo sviluppo del potenziale e delle peculiarità del femminile, partecipa attivamente alle attività del “Cerchio di Sorellanza” e del “Caffè delle Donne”, coadiuvando la dott.ssa Fusco nella conduzione. Presso la Psico-libreria “I Luoghi dell’Anima” organizza e modera gli incontri pubblici del “Cafè Philo” sulle tematiche del vivere e delle relazioni, secondo i canoni della comunicazione ecologica e del dibattito aperto.

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